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                   09 dicembre 2012

33.
ARCHETIPOSOFIA
Scienza della superstizione


Riassunto

Tutti sanno che i sensi sono cinque: la vista, l’udito, il tatto, il gusto, l’olfatto.
Pochi sanno che oltre a questi sensi ve ne è un altro, costituito dalla telepatia.
Ma praticamente nessuno sa che esiste un settimo senso preposto a vedere il futuro.
La conoscenza degli elementi su cui si basa tale settimo senso è stata da me semplificata in una nuova scienza che ho chiamato ARCHETIPOSOFIA.


Il magico potere dei simboli

La vita, intesa in ogni sua espressione, costituisce sempre una fase vincente di una lotta contro la morte.
La vita è costituita da un insieme di eventi: ognuno con il suo equilibrio di lotta, ognuno in evoluzioni destinate ad altre vittorie o a future sconfitte.
Io ho scoperto che l’evoluzione di qualsiasi evento, verso la vittoria o verso la sconfitta, è legata agli “archetipi” che sono associati all’evento.
Questi archetipi sono preposti ad offrire validi suggerimenti sulle scelte da fare.
Detta evoluzione degli eventi, verso la vittoria o verso la sconfitta, è legata anche ai simboli preposti a preconizzarli.
Questi legami derivano dal fatto che l’essere umano, per una universale legge economica, memorizza le esperienze passate e le codifica: in modo da utilizzarle nelle sue azioni, e così renderle vincenti, vitali.
Le “esperienze passate”, in argomento, sono riferite ai milioni di anni della storia evolutiva dell’uomo.
Esse sono memorizzate nella sua struttura genetica, nella sua organizzazione biologica e psichica.
Tali esperienze passate sono codificate in simboli.
Tali simboli costituiscono la sintesi dei risultati analitici esperienziali complessi.
Tali simboli costituiscono icone di intelligibilità immediata, le quali non sono soggette a critica razionale: proprio per una fiducia e rapidità di risposta che essi simboli pretendono dalle decisioni operative.


Un esempio significativo


Consideriamo come esempio i segnali stradali.
Ipotizziamo che la strada abbia una svolta a destra inaspettatamente molto stretta e che si abbia la necessità di informare gli automobilisti del grande pericolo costituito da tale curva.
Teoricamente, prima della curva dovremmo mettere un grande cartello su cui sia scritto quanto segue: “Rallentate, prestate attenzione alla strada, perché essa presenta una curva a destra molto stretta ed un piano stradale dissestato  che fa scivolare l’automobile sulla corsia opposta, dove altri veicoli potrebbero sopraggiungere e creare uno scontro pericoloso per le persone e le cose”.
È ovvio che la lettura di tale cartello richiederebbe un tempo che gli automobilisti dediti alla guida non hanno. Un tempo che richiederebbe agli automobilisti di fermarsi in mezzo alla strada per leggere tale cartello ,  creando ovviamente un ostacolo molto pericoloso.
Ecco pertanto che, per conciliare le due esigenze di informare l’automobilista e di farlo in modo rapido ed efficace, viene mostrato ad esso un archetipo, un simbolo, una sintesi costituita dall’usuale segnale stradale di svolta a destra.





Detto usuale e convenzionale segnale stradale di pericolo è costituito da un triangolo equilatero: questa è infatti la figura geometrica con gli spigoli più acuti, e perciò più pericolosamente penetranti.
Al centro di tale triangolo è posta una grossa linea arcuata verso destra con una punta espressiva del verso di avanzamento.
Con tali simboli è sufficiente l’istantaneità di un colpo d’occhio per far capire all’automobilista che cosa l’aspetta.
Tale istantaneità è offerta dai simboli presenti nel citato cartello, perché essi sono già archiviati nell’inconscio umano come  linguaggio rapido: un linguaggio che prepari l’uomo al futuro che lo attende. Ciò allo scopo di  strutturare utilmente le sue risorse, per tutelare la sua vita  vincendo le ostilità ambientali.
Tutti i simboli sono archetipi di un linguaggio essenziale.
Essi svolgono un’azione paragonabile a quella citata e svolta dai segnali stradali  nel modo già descritto.





Se una freccia posta su un cartello stradale  indica che si deve svoltare a destra, si gira a destra e basta: senza chiedersi perché, senza chiedersi se è giusto fare tale svolta.
Se un automobilista si ponesse tali problemi davanti ad ogni segnale stradale o davanti ad ogni semaforo, non solo metterebbe in crisi l’intera viabilità, ma addirittura attuerebbe un comportamento anti- economico per sé stesso, giacché renderebbe il suo viaggio molto difficoltoso o addirittura impossibile.
Ecco pertanto che, l’essere umano, svolge qualsiasi sua attività guidato dalle sue esperienze ancestrali, codificate da simboli perentori: tutto ciò che egli vede o sente attorno a sé viene inconsciamente elaborato, interpretato e ricondotto ad archetipi fondamentali: ciò allo scopo di ottenere indicazioni che lo informino sul suo destino, sul futuro che egli si accinge temporalmente a percorrere, minuto per minuto, giorno per giorno.
Lo stesso scopo dei suoi sensi (vista, udito,…..) è  in ultima analisi quello di prevedere gli avvenimenti futuri immediati.
Il presente, infatti, è già passato; l’uomo ha bisogno di conoscere il suo futuro, ha bisogno di conoscere la strada che intende percorrere. Se sulla strada un automobilista vede un segnale stradale indicatore di una curva pericolosa, egli recepisce un messaggio indicatore di un “elemento futuro” che lo coinvolgerà quando, con la sua auto, percorrerà quella citata curva pericolosa.


Le forme verticali e le forme orizzontali


Per avere una dimostrazione indiscutibile di quanto finora teorizzato, è sufficiente riferirsi ai seguenti archetipi simbolici fondamentali:



Si può  immediatamente e facilmente verificare che, ogni volta che si dice “SI” si è istintivamente costretti a muovere la testa solo e sempre in senso verticale; per contro, quando si dice “NO” si è istintivamente costretti a muovere la testa solo e sempre in senso orizzontale.
In tale movimento orizzontale sono coinvolte anche le mani: se si dovesse indicare con un gesto delle mani che una cosa non si deve fare, tale gesto sarebbe sempre costituito da un movimento che avverrebbe secondo una traiettoria orizzontale. Se invece si dovesse indicare con un solo gesto che una cosa fatta è positiva, noi esprimeremmo tale scelta con un movimento della testa, o delle mani, che segua una traiettoria verticale.
Domanda retorica:”Perché si ha sempre tale obbligata espressione verticale od orizzontale del SI e del NO?”
Semplicemente perché il SI ed il NO sono codificati rispettivamente dall’archetipo della verticalità e dell’orizzontalità.
Questa codificazione è la conseguenza della memorizzazione delle esperienze vissute dall’essere umano. Egli infatti ha sempre constatato che chi stava in piedi (cioè in postura verticale) era vivo, era forte, stava bene; per contro, chi era disposto orizzontalmente era morto, era malato, era stanco.
Come valutazione sintetica essenziale, era dunque facile associare a tutto ciò che era verticale una situazione  SI  “di benessere, di positività, di assenza di pericolo”   in cui ci si poteva inserire.
Per contro, era altrettanto facile dedurre che, dove tutto era orizzontale, lì c’erano pericoli: situazioni NO, difficili, ostative.




I simboli come organi di senso per conoscere il futuro lontano


A seguito di ciò succede dunque che l’essere umano effettua le sue scelte di vita, le sue azioni, osservando ciò che gli sta attorno: ovvero i simboli che sono presenti nell’ambiente in cui vive, per avere un’anticipazione degli eventi.
Consegue da ciò che se tali simboli gli anticipano una sconfitta, egli, per un rapporto di coerenza con sé stesso, si organizzerà per affrontare le conseguenze di tale sconfitta. Consegue inoltre che, per non rendere vana tale organizzazione, agirà egli stesso per imprimere all’evento lo specifico carattere determinativo della citata sconfitta.
Queste speculazioni intellettuali non sono astratte, ma concrete; esse sono dirompenti possibilità dei simboli, presenti nell’ambiente, di trasmettere ordini indiscutibili alla mente degli uomini.
I simboli costituiscono pertanto un potere incredibile, magico, ineluttabile.
Essi tuttavia non sempre sono semplici ed evidenti; nella maggior parte dei casi sono complessi, nascosti, di difficile interpretazione analitica: quasi a far presagire, ma non a dire chiaramente, come se una conoscenza certa determinasse lo spegnimento dell’individuo; un individuo che invece deve andare avanti e deve pertanto ignorare il suo brutto futuro, deve avere qualche certezza illusoria di vincere.



Alcuni esempi pratici


Per fare un esempio concreto, se in un ufficio fossero presenti “tende alla veneziana”, del tipo cioè costituito dalle tipiche lamelle metalliche orizzontali, in quell’ufficio si potrebbero generare solo contrarietà, eventi negativi, litigi; se nello stesso ufficio, con le stesse persone, si cambiassero le citate tende nefaste con tende del tipo  a bande di tessuto verticale, si creerebbero “per magia” solo situazioni positive, vincenti.
Se si osserva la struttura architettonica del centro direzionale dell’ex stabilimento dell’Alfa Romeo di Arese (che fu appositamente costruito negli anni 70 per sostituirsi allo storico e glorioso stabilimento del Portello a MILANO), si constata che essa è costituita da “strati orizzontali”: conseguentemente, l’Alfa Romeo non poteva avere che il destino che ha avuto, un destino NO.
In ultima analisi, il suo destino l’ha deciso l’architetto che ha disegnato lo stabilimento.
Un architetto che ha poi aggiunto un “tocco di classe” colorandolo di verde, uno dei colori più nefasti.
Interpretando le cose al contrario, si potrebbe dire che tale architetto era un veggente ma, per la reversibilità del potere dei simboli, un tale architetto sarebbe stato meglio evitarlo.
Il problema è che costui parlava un linguaggio ermetico, che nessuno capiva. Che nessuno doveva capire, perché altrimenti quello stabilimento non avrebbe mai funzionato; invece doveva funzionare e pertanto si doveva “dire, ma non dire”.
Questi sono esempi semplificativi, ma realistici del potere degli archetipi.
Io ho verificato l’attendibilità di tale mia teoria da oltre trent’anni, ed ho trovato ben poche eccezioni ad essa. D’altronde, io evidenzio con essa il potere di certi archetipi, al fine di affidare a chiunque la verifica di tali mie scoperte, mediante l’esame di ciò che sta intorno a noi nel mondo con il suo simbolismo, con gli eventi legati ad esso.
Altri esempi concreti possono aiutare a capire meglio.
Come è noto, l’ALITALIA era in un deficit perenne che nessun manager e nessun governo era stato in grado di risolvere: ebbene, io sono certo che, per mettere in attivo i conti dell’Alitalia sarebbe stato sufficiente togliere il verde dai suoi colori identificativi, e togliere la grande traversa orizzontale della sua sede centrale.
Cambiare cioè solo certe esteriorità costituite da archetipi nefasti; purtroppo non sono potuto intervenire e adesso l’Alitalia è meno…..Italia.
Il verde, il nero ed il viola sono i tre colori più nefasti. Qualche anno fa, il ministro Mastella ostentava una sciarpa viola; dopo tali suoi defilé, egli subì il terremoto giudiziario che coinvolse anche la moglie e dovette dimettersi.
Altro esempio di attualità è offerto dalla SEA, la società di gestione degli aeroporti di Linate, Malpensa e Orio.
Da quello che, almeno qualche anno fa risultava, era una società con gravi difficoltà.
C’era da chiedersi come fosse possibile che una società, preposta a gestire gli aeroporti della regione più ricca e industrializzata d’Italia, potesse avere problemi economici di gestione.
Eppure era possibilissimo: era sufficiente adottare un MARCHIO che, a livello di SIMBOLI esprimesse la perdita, la riduzione, il calo: la cronaca conferma che questo marchio nefasto lo avevano trovato!




Ora non so se, a forza di dire queste mie cose, qualcuno le ha ritenute vere: sta di fatto che il citato marchio nefasto (con i caratteri inclinati all’indietro) è stato recentemente cambiato con un nuovo marchio (color rosso) molto migliore:




sarà una coincidenza, ma sembra che ora le cose alla SEA stiano andando meglio che nel passato.



I simboli fondamentali


Per non dover chiedere “atti di fede” sul potere dei simboli codificato della mia ARCHETIPOSOFIA, espongo i simboli fondamentali in chiaro modo grafico, per consentire a chiunque di verificare il loro potere.





Analisi della croce


La croce è espressa da due rette, una orizzontale e l’altra verticale; per definizione matematica le rette sono infinite, ma incontrandosi esse diventano semi-rette e definiscono un punto;  per definizione concettuale, tale punto è infinitesimo, tendente al nulla, inesistente.
Ecco dunque che la croce costituisce la realizzazione dell’infinitesimo, della morte.
Non a caso è il simbolo usato per indicare le tombe.
Nel caso si abbiano dubbi sul potere nefasto della croce, sì consideri che la croce era il simbolo che animava le crociate: croce sugli elmi, croce sullo scudo, croce sul petto, spade con l’elsa a forma di croce. Ebbene, la storia racconta che tali crociate furono un fallimento totale, non solo per i grandi costi in vite umane ed in denaro, ma anche per il mancato raggiungimento dell’obbiettivo che si erano prefisse; il Santo Sepolcro restò infatti in mano ai Mussulmani.
Questi, avevano infatti come loro simbolo la mezza luna, avevano gli scudi rotondi,  avevano le scimitarre dotate della tipica positiva forma arcuata.
Altro esempio. Si consideri la guerra di secessione americana, dove si confrontavano schieramenti rappresentati l’uno (i sudisti) da una bandiera contenente una croce obliqua
(
X ) a prevalente sviluppo orizzontale, e l’altro (i nordisti) rappresentati da una bandiera a stelle e strisce: non è un caso che la guerra la persero coloro che  avevano come simbolo la croce.
Si consideri poi, altro esempio, l’ultima guerra mondiale. C’era uno Stato, la Germania, che metteva la croce su ogni cosa: divise, bandiere, carri armati, aeroplani. Alla luce di quanto detto, la Germania poteva vincere la guerra? Evidentemente no.
Altro esempio. Nel secolo scorso  la bandiera tricolore italiana aveva nello spazio bianco centrale lo stemma a forma di croce dei Savoia: potevano andar bene le cose? No di certo: si cominciò con la prima Guerra Mondiale, poi si proseguì con il Fascismo, e si finì  precipitando negli orrori della seconda Guerra Mondiale.
“Casualmente”, appena dalla bandiera tricolore d’Italia fu tolta tale croce che campeggiava nel rettangolo bianco centrale, l’Italia conobbe crescita, prosperità, benessere, pace, per oltre mezzo secolo.



Altri esempi

Parlando di croci non si può non pensare al Vaticano.
Lo smisurato  potere del Vaticano non deriva dalla croce, bensì dalla sua bandiera bianca e gialla. Tali colori, peraltro, sono quelli che devono primeggiare durante le adunate oceaniche che accompagnano i viaggi del Papa all’estero: tante bandierine, cappellini, tonache, tutte rigorosamente gialle e bianche, devono obbligatoriamente determinare una scenografia bianca e gialla:  gioia,  vittoria, futuro.
Come mai tanta ossessiva determinazione coreografica?
Scenografia gialla fu anche quella con cui Cory Aquino prese (alcuni decenni fa) il potere nelle Filippine, costringendo all’esilio il dittatore Marcos, facendo semplicemente sventolare tante bandiere gialle ai suoi sostenitori! Incredibile ma vero!
Gli esempi sono tanti……..e mettono paura. Essi fanno capire di come la logica delle idee non serva a nulla contro lo strapotere che il simbolismo esercita, in modo subdolo, sugli schemi decisionali precostituiti della mente umana.
Comunque, oltre al potere magico e vincente della sua bandiera, il Vaticano perpetua il suo potere avvalendosi di altri importanti simboli visivi: la decisa verticalità degli alti campanili presenti in ogni chiesa e nelle forme a freccia verso l’alto che caratterizzano i frontoni di esse: tutte le facciate delle chiese presentano sempre un grande triangolo sulla loro sommità!
Il concetto di verticalità presente nei campanili lo si trova espresso, in forme anche più intense, nei minareti delle moschee mussulmane. Tali minareti sono infatti a sezione tonda (anziché quadrata come quella dei campanili cristiani) e sono più snelli. Perfino la sommità dei minareti è con un angolo generalmente più acuto, appuntito, esprimendo con ciò il successo espansionistico dell’ISLAM.
Io credo che tali “coincidenze” meritino attenta riflessione.



Esempi politici italiani


Applicando tali cognizioni alla scena politica italiana, si può capire perché, nelle passate elezioni il segretario Veltroni non vinse; ciò lo si poteva facilmente dedurre dall’analisi del logo del nuovo Partito Democratico.




Peraltro, nella passata campagna elettorale c’era abbondanza di “V” negli slogan elettorali, c’era la rampa di scale di inclinazione negativa e fitta di croci su cui salivano e scendevano, i vari politici postulanti, per accedere a tale ex sede del partito.
Attualmente si ha una nuova sede molto migliore della precedente, la quale compensa parzialmente la negatività del logo PD.
Riferendoci ancora alla scena politica italiana e considerando il versante opposto, rappresentato da Silvio Berlusconi, ritengo eclatante il simbolismo che accompagnò la fusione di Alleanza Nazionale con Forza Italia.
Nella cerimonia che caratterizzò tale fusione dominava una grossa fune con trefoli dotati di inclinazioni negative, la quale era tesa al di sopra di tutto in una posizione orizzontale.
Già questo fatto significava un “NO” per tutto ciò che era posto al disotto di essa, e cioè l’unione dei due citati partiti che dovevano fondersi.
Oltre a ciò, al centro di tale corda c’era un grosso nodo privo di funzione, giacché era un nodo di una stessa corda e non un nodo che univa due corde.
Un grosso nodo che stava ad indicare perciò l’imprevedibile, perché non logico; tale nodo era concettualmente un ostacolo, un’interruzione della linearità della corda; 1 nodo solo, a cui i fatti che avvennero consentirono anche di attribuirgli un nome: FINI.



Il simbolismo dei colori


Per quanto riguarda il potere dei colori può essere un esempio significativo quanto avvenuto recentemente durante l’elezione del nuovo sindaco di Milano, Avv. Pisapia: egli scelse di adottare per la sua campagna elettorale l’arancione, e vinse.
In merito al potere dei colori sugli eventi, ricordo quando, una decina di anni fa, gi USA volevano far guerra all’IRAQ: c’era il florilegio della bandiera internazionale della pace.






Mi ricordo che dissi ad un mio amico che, più manifestazioni pacifiste venivano fatte, più la guerra si sarebbe verificata in modo certo e catastrofico. Così fu. Semplicemente perché, in primo luogo, i colori di tali bandiere erano stratificati con i colori vincenti disposti sul fondo e quelli perdenti in alto; in secondo luogo, perché la bandiera della pace è costituita da strisce orizzontali, creando così una bandiera perdente, attuativa del contrario di ciò che si propone.

Interessante è l’analisi della passata campagna elettorale dell’ On. Prodi.
Infatti, ciò che lo aveva elevato agli altari era stato il colore giallo-caldo che egli aveva adottato come simbolo: l’autoarticolato (TIR) giallo con cui aveva girato per l’Italia, lo sfondo giallo di tutti i palchi da cui parlava, eccetera.
Ciò che determinò poi la sua sconfitta, invece, fu la scelta della forma della bandiera italiana che aveva adottato come simbolo della sua “Presidenza del Consiglio dei Ministri”.
Tale bandiera era infatti espressa da una forma sviluppata molto orizzontalmente, disegnata con i tre colori espressi da bande ondulate che avevano le citate inclinazioni di discesa
\ ;   la bandiera aveva cioè questa forma:


                  



Significante, appunto, un qualcosa destinato a finire anticipatamente per cause anomale.


Tra i colori, il più nefasto in assoluto è il nero.
Il nero è infatti il risultato di un completo assorbimento, di tutte le frequenze  elettromagnetiche dello spettro caratterizzante la luce, da parte dell’oggetto nero osservato.
È un po’ come dire: “dove c’è il nero può esserci solo la fine, la morte”.
Anche da un punto di vista letterale, il colore nero è indicato dalla parola “negro”, che significa morte (necros); basta consultare qualsiasi dizionario per verificare ciò.
Alcuni esempi: la necrosi è la morte di un tessuto biologico; il necrologio è un discorso sui morti;  la parola “negromante” indica etimologicamente una previsione del futuro mediante i morti.
D’altronde il nero è il colore della serietà, è il colore del lutto, della morte, è il colore più scuro che qualsiasi colore assume con l’uso, con l’inevitabile sporcarsi; il nero è il colore che non può sporcarsi ed esprime con ciò la solidità, l’eternità, la determinazione.
Riferendoci ad un futuro pessimo e pauroso si dice infatti: “Vedo nero”; cioè, non si vede niente di vivo, si vede la morte.
I pirati che solcavano i mari seminando terrore e morte non a caso avevano un bandiera nera…con un teschio al centro.
Il nazismo di Hitler, il fascismo di Mussolini, che erano regimi politici dove l’allegria era un “optional”, erano simbolizzati dal nero non certo per una scelta casuale.
Il nero, tuttavia, è abbinato alla ricchezza, perché quando si parla di soldi le cose diventano serie, e niente è più serio del nero, ovvero della morte che esso esprime.
Tale strettissimo abbinamento del nero al denaro, peraltro, è evidenziato dall’eredità che si acquisisce a seguito della morte di una persona cara: il dolore della morte associato all’aumento della ricchezza.
Per contro, il bianco esprime la nascita, il nuovo, il candore, il delicato, il provvisorio: ciò che può essere sporcato, degradato verso la rovina.



Il colore Verde


Il colore che fa diretta concorrenza al nero nella competizione su chi porta più sfortuna è il verde.
Se il nero è  “la sfiga assoluta”, il verde ha un potere di creare sfortuna che è di poco inferiore.
La tradizione stessa usa le seguenti espressioni.
“Essere al verde”: per indicare la condizione di non avere denaro, di essere povero.
“Verde di rabbia”: per indicare una situazione in cui si è  perdenti, in cui si soffre con odio, con volontà di rivalsa.
“Verde speranza”: per indicare una situazione in cui ci si affida alla speranza per migliorare le cose, implicando con ciò che, mentre si spera accompagnati dal colore verde, si sta male.
D’altronde, se si indaga sull’origine del colore-archetipo verde, è istintivo pensare alla natura, al verde dei prati, dei boschi.
Ma dicendo ciò non intendo suggerire serenità, giacché la natura più che una madre benevola è una “matrigna malevola”.
La natura è infatti espressiva di una lotta feroce per la sopravvivenza: dal momento che si nasce cominciano infatti i dolori!
Casualmente, tutti i bimbi appena partoriti piangono! Crescendo, poi, si rendono conto che la vita è uno scontro continuo con la società in cui si vive per far valere i propri diritti, per lottare contro le perenni ingiustizie, contro i malvagi, eccetera: in un’alternanza di gioie e di dolori che accompagna e distrugge l’individuo fino a farlo morire.
Questo è la Natura; un qualcosa su cui meno si pensa meglio è.
Siccome poi la natura è abbinata al verde, meno verde si vede, meno si pensa alla natura.
Purtroppo questa è una bestemmia per gli ecologisti (i Verdi), ma è anche un fatto positivo per l’umanità: se non altro per far capire che, si vuole rendere sano e vivibile l’ambiente-Terra, sarà opportuno cambiare colore a tale simbolo dell’ecologia.
Peraltro, se si prescindesse dagli stereotipi consumistici, sarebbe facile vedere che l’essere umano si è evoluto dalla sua primordiale condizione animalesca solo dopo che ha cominciato a crearsi radure: spianate senza erba e senza alberi in cui costruire le sue capanne. Cioè solo dopo che ha ridotto il verde dal suo paesaggio.
Infatti, se non erano capanne erano grotte, e le grotte stanno generalmente dove ci sono rocce, pietre, cose che non sono di colore verde.
Il primo habitat protettivo dell’uomo è dunque sempre stato quello in cui il verde era tenuto a distanza; quello in cui c’erano spazi liberi che consentissero di vedere con un certo margine di anticipo eventuali nemici, per organizzare le proprie difese.
Per contro, quando l’uomo è immerso nel verde della foresta, egli è maggiormente esposto ai pericoli costituiti da insetti, serpenti, animali di ogni genere.
Di fatto, la civiltà umana è progredita quando i villaggi, le città, le abitazioni, le strade furono sempre più costruite con mattoni, con pietre, con cemento: con case che non erano verdi!



Il verde nella politica


Comunque, costituiscono un fatto degno di riflessione le recenti vicende che in Italia hanno investito la Lega Nord e sconvolto il suo percorso storico.
Quando è nata come partito politico, la Lega Nord ebbe un grande successo in Lombardia e dintorni.
I suoi simboli erano essenzialmente costituiti dall’immagine dell’antico  condottiero Alberto da Giussano e dai colori azzurro e bianco-grigiastro; il verde non c’era.
Successivamente, l’euforia del potere che stava crescendo, portò poi i suoi capi ad adottare come nuovo simbolo del partito il verde: camicia verde, fazzoletti verdi, bandiere verdi, il sole celtico verde, e….. tante, tante croci, del tipo che andava di moda nel medioevo.
Gli effetti nefasti di tale colore non tardarono ad arrivare: risultati elettorali disastrosi, scissioni politiche regionali, sgradevoli interventi della Magistratura con annesse manganellate della Polizia (Maroni portato via in barella….) ai tempi di Mani Pulite.
A salvare la Lega Nord dal disastro ci pensò Silvio Berlusconi che, strategicamente, consentì ad essa di accedere al Parlamento Italiano e di assaporare il potere politico a livello nazionale.
Nonostante i successivi timidi (ma fruttuosi) tentativi di inserire cravatte arancioni nell’abbigliamento dei capi più televisivi e di ripristinare i vecchi colori grigio-bianco e blu, il verde continuava purtroppo a dilagare e troneggiare.
E fu così che arrivarono le Accuse della Magistratura ed il tracollo di quella che era la Lega Nord, VERDE, di Bossi e famiglia.


La complessità interpretativa dei simboli


L’ambiente in cui viviamo è costituito da un’infinità di simboli che si affiancano, si sovrappongono, si trasformano.
Tali simboli vanno pertanto interpretati nella loro complessità e nell’insieme di riferimento o di sfondo in cui si stagliano.
È solo così che può essere evidenziata la singolarità del loro significato.
Il simbolo non è un qualcosa a sé stante; esso è legato a persone, luoghi, strutture edili, a tutti gli elementi cooperanti ad esprimere la sua complessità mediante una pluralità di archetipi.
Una freccia all’insù esprime un archetipo positivo, ma se la freccia è verde, quanto rimane della sua positività? Come si esprime in essa la negatività di tale colore?
Consideriamo il famoso marchio della casa editrice Mondadori.




Esso ha la positività della sua forma triangolare esprimente la A , ma tale A è disegnata con due grandi strisce sulla destra che sono inclinate nel senso di una negativa discesa; al centro c’è addirittura una piccola freccia con la negatività della punta in basso. Con questi elementi, tale marchio è positivo o negativo? È positivo e negativo contemporaneamente, nel senso che tale Casa Editrice, pur sopravvivendo, ha dovuto essere venduta dai Mondadori al “Gruppo Berlusconi”.
Ma per Berlusconi, il simbolo della Mondadori è positivo o negativo?
È positivo perché gli ha rafforzato il potere politico, ma gli ha espresso anche la negatività delle beghe giudiziarie in cui l’ha coinvolto e la negatività dell’enorme risarcimento danni che ha dovuto pagare a De Benedetti.
Ogni simbolo, dunque, ha specifiche “quantità” di cose buone e di cose cattive che solo un attento studio “Archetiposofico” può rilevare.
Ciò significa evidentemente che, ogni simbolo, può essere interpretato in modo superficiale ed errato e, così, poter costituire un “falso elemento” con cui contestare la teoria qui esposta.



Conclusione


Gli elementi che sono stati finora esposti, non hanno la pretesa di dimostrare alcunché.
Essi sono alcuni degli innumerevoli esempi su cui riflettere per cercarne altri, per valutare soggettivamente se essi possono aiutare l’essere umano nel suo percorso di vita.
Dico “soggettivamente”, perché è fisiologico che  tanta gente non li riterrà pertinenti o significativi.
Per quanto mi riguarda, va considerato che io divulgo queste mie scoperte per un mio dovere che, più che morale, penso sia un dovere istintivo ed incoercibile impostomi dal mio appartenere, quale insignificante microbo, ad un’umanità protesa verso la vita.
Un’umanità che, dalle sue lotte “tra le forze del bene e le forze del male”, deve trarre vittorie che la portino ad evolversi verso il divino.
In tal senso, dunque, i citati esempi devono costituire punti con cui abbozzare forme di ciò che ha la proprietà per diventare una nuova, importante scienza, utile all’uomo per ridurre le proprie sofferenze esistenziali.

                                                                                                                           
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