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41.
LIBERO ARBITRIO E SENSO DELLA VITA: la risposta migliore

Riassunto

Da sempre, su tali argomenti l’umanità si è posta tante domande, che hanno però trovato risposte poco soddisfacenti o poco logiche.
Le scoperte della  Psicostasìa Fisiognomica consentono ora risposte nuove.
Tali scoperte consentono un confronto tra le possibilità della natura attinenti l’insieme materia-psiche e l’analisi filosofica sull’essenza dell’azione in cui si esprime la vita.
Emerge da ciò l’esistenza di mondi paralleli di connotazione divina con i quali è obbligatorio confrontarsi nonostante le esiguità dei nostri mezzi: ciò allo scopo di poter acquisire i possibili livelli superiori offerti dalle leggi universali dell’evoluzione.


Domande antiche

Le persone sfortunate, ogni tanto si fermano a pensare se l’individuo ha la libertà di decidere cosa fare.
Le persone anche più sfortunate si spingono addirittura a voler capire quale è il senso della vita.
Così anch’io, rientrando in questa seconda categoria, ho dedicato tempo per capire se ciò che facevo era il risultato di una volontà personale, oppure era semplicemente il percorrere un binario prestabilito da parte del treno costitutivo della mia vita.
Infatti, il vecchio dilemma è il seguente. Se viene fatto un qualcosa, tale qualcosa non poteva non essere fatto, giacché è stato dimostratamente fatto….
Se fosse stato fatto qualcos’altro, era tale qualcos’altro che non poteva non essere fatto giacché, appunto è stato dimostratamente fatto. Peraltro, si deve considerare che, prima dell’evento, non si sa se verrà fatto il "qualcosa" o il "qualcos’altro", cosicché in ogni caso sussiste l’inevitabilità o predestinazione dell’evento.
Ciò significherebbe evidentemente l’assenza di ogni responsabilità dell’individuo su qualsiasi sua azione, giacché egli risulterebbe un semplice esecutore coatto di un fatto prestabilito dal destino.
Il discorso diventa anche più difficile se in esso si introduce l’esistenza di Dio.
Per Dio si intende generalmente un’entità assoluta, eterna, creatrice dell’universo, degli esseri umani, degli eventi della storia.
Qualsiasi cosa avvenga nell’universo deriva pertanto da una sua volontà, da ciò che egli ha creato.
Se le persone sono differenti tra esse per la forza, per l’intelligenza, per la generosità, per la bellezza, per la cattiveria, non possono attribuirsi la responsabilità di niente, né del loro successo, né della loro fortuna; tale differenza, con ciò che implica, è sempre merito o colpa di Dio. Qualsiasi azione svolta dall’uomo potrebbe sempre essere conseguenza delle sue caratteristiche psichiche e fisiche: caratteristiche che gli sono state imposte geneticamente oppure dalla società, sulle quali egli non ha potuto esercitare alcuna scelta responsabilizzante. Qualsiasi avvenimento dovrebbe dunque dipendere solo da Dio e non certo da ciò che vogliono gli esseri umani, giacché anche tali loro volontà dipendono sempre da attitudini personali non scelte da essi, ma ineluttabilmente imposte da Dio.
Ma allora, gli esseri umani sono semplici esecutori di azioni volute da Dio?
Sono ovviamente le stesse domande che l’uomo si pone da sempre, ma alle quali è stata sempre data una risposta consolatoria: "Abbi fede in Dio, tu non puoi capire la grandezza di Dio né il senso della vita"!
Lo smarrimento che deriva dal sentirsi un semplice esecutore schiavo di programmi esterni, subisce un ulteriore aggravamento qualora ci si rende conto che tali programmi sono sconosciuti.
Ciò significherebbe infatti che diventa misteriosa la destinazione della nostra vita.
Diventa dunque misterioso anche il susseguirsi degli eventi con il loro carico imprevedibile di gioie e di dolori; un carico che, in qualsiasi momento, potrebbe consistere nella angosciante espressione della morte.
Ma soprattutto, esiste un modo che consenta all’individuo di procedere con la propria vita, nonostante la desolante assenza di risposte alle citate domande esistenziali?

Utilità dei criceti
Per trovare una risposta a questa domanda è stato necessario collegare ragionamenti riferiti a campi diversi; un collegamento che, per la sua evidenziazione, richiede una riflessione molto calma.
Il mio punto di partenza è lontano; sicuramente non è il solo e non è il migliore, ma è quello che mi è stato utile per giungere a conclusioni significative.
Una persona a me vicina, provava tenerezza nei confronti di un criceto, cosicché la incoraggiai a vivere in sua compagnia con la antica considerazione che: "Un sorriso che non dài, è un sorriso che non hai".
Ovvero, se giocare con un criceto ti crea una tenerezza che ti dà un sorriso gioioso, continua tale rapporto perché, di fatto, è una fonte di gioia. Peraltro, su ciò si basa la "Pet therapy".
La gioia è sempre gioia, anche se non deriva da comportamenti intelligenti.
Anzi, più ciò che si fa è intelligente, meno gioia crea.
La gioia è superficialità, è stupidità, è illusione.
Non bisogna andare troppo per il sottile. La gioia è come il denaro: non basta mai!
Lo diceva anche Lorenzo il Magnifico quando saggiamente diceva: "Chi vuol esser lieto sia, del doman non c’è certezza".
Proseguendo oltre questo "Inno alla gioia" e tornando ai criceti, dal mio incoraggiamento iniziale derivò una "colonia" di criceti.
Tale colonia consentì così di fruire delle gioie che venivano suscitate dall’osservazione delle storie d’amore tra tali bestioline, dalle loro cure parentali, dalla figliolanza. Dall’osservazione della vita che si svolgeva in tale comunità di criceti derivò, però, anche la tristezza di vedere i vari personaggi ammalarsi, invecchiare, morire.
Si era voluto dare a tali criceti benessere e gioia per trarre noi stessi la gioia di aver consentito la creazione di vite felici, ma poi la realtà arrivò presentando il conto, da pagarsi con un’equivalente quantità di tristezza.
Questa situazione esistenziale, evidenziata dalla colonia di criceti, ripropose violentemente quella domanda che si cercava di non sentire quando i protagonisti erano gli umani: "Che senso ha avuto la loro vita"?
Ma ripropose anche l’altra domanda: "Potevano i citati criceti vivere una vita diversa da quella che avevano vissuto"? La risposta è no. Le loro libertà di scelta e di azione potevano avvenire solo in uno strettissimo àmbito.
Infatti, i compagni d’amore erano stabiliti dai loro padroni, ciò che mangiavano era stabilito dai loro padroni.
I criceti si sentivano liberi e pensavano di essere loro a decidere la loro vita, ma non era così: essi erano padroni solo di un aspetto minimo della loro vita.
C’era qualcuno al di sopra di essi che stabiliva ogni fondamentale aspetto della loro vita per ragioni che, essi, ben difficilmente avrebbero potuto immaginare!
I criceti potrebbero apparire troppo lontani dalla realtà umana, ma basta un po’ di obbiettività, per capire che certe verità sono rilevabili dalle situazioni di vita di qualsiasi animale, perfino da quelle degli insetti.
Anche le formiche, le api e tanti altri insetti, mostrano attività sociali implicanti intelligenza, finalità evolutive, senso della vita.
Anche qualsiasi animale od insetto, potrebbe legittimamente porsi le domande sull’esistenza del libero arbitrio e sul senso della vita.

L’ipotesi dell’esistenza di Dio
Ciò premesso, è opportuno approfondire l’argomento secondo altre direzioni.
I religiosi, quando vengono interpellati sul tema della sofferenza, dicono: " Il disegno di Dio è imperscrutabile". Oppure: "Dio ti ama, ti dà la sofferenza per provare la tua fede, perché ti vuole vicino a Lui".
Tale atteggiamento generalmente non viene condiviso da coloro che potremmo definire razionalisti.
Costoro, infatti, ritengono logico far prevalere quella che è la volontà dell’individuo; quella volontà che nasce dal potere impositivo, volto al raggiungimento di una méta finalizzata alla gioia che nasce dal dominio.
Tuttavia non si può non considerare che, in tutte le nazioni del mondo, esiste sempre una religione, un modo di ipotizzare un "al di là" che non ha alcuna base razionale o scientifica o logica ma, siccome senza l’ipotesi di un Dio non esiste niente che fornisca senso alla vita, allora anche la religione ha dei motivi per essere accettata.
I poveri credono in un Dio che, dopo la morte, li ripaghi delle sofferenze e delle ingiustizie subìte.
I ricchi ed i potenti credono in un Dio che li abbia voluti premiare conferendo ad essi gioie e successi perché essi sono "belli, buoni e bravi" e che, pertanto, li premierà anche dopo la morte perché essi sono devoti, ringraziano sempre Dio, e rispettano la liturgia.
Tra queste due concezioni, trovano ovviamente posto anche tutte le altre categorie di umani, cosicché le religioni subiscono interpretazioni soggettive molteplici adattandosi alle esigenze di tutti.
Così vediamo che anche negli Stati Uniti, culla del capitalismo più spregiudicato, dove è logico e giusto che i ricchi diventino sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri, sono tutti religiosi.
A cominciare dall’uomo più potente della nazione più potente del mondo, cioè il Presidente; costui infatti, per essere eletto, come minimo deve essere sempre un fervente religioso.
Così vediamo pure che il Papa richiama sempre centinaia di migliaia di persone a Roma e ovunque egli si presenti: sia in piazza San Pietro, sia in qualsiasi nazione della terra che egli vada a visitare.
Basti considerare la recente cerimonia con cui i papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II sono stati eletti (?), promossi (?), dichiarati (?) SANTI! Una folla sterminata è giunta da tutto il mondo per esprimere personalmente il proprio assenso! Due miliardi di persone sparse in tutto il mondo ha assistito televisivamente alla cerimonia!
Tutti, a modo loro, si sentono giusti; tutti a modo loro credono in qualche Dio, con il quale sono convinti di dialogare alla pari, dandogli confidenzialmente del "tu", esponendo le loro ragioni e "ricevendo sempre" un consenso alle loro opinioni ed alle loro azioni: perché Dio li ama, personalmente , uno per uno, li conosce per nome!
Per tutti costoro vale la regola che "chi tace acconsente" e siccome dal loro Dio essi non hanno mai ricevuto alcun messaggio contrario, né cartaceo, né sonoro, né video, per essi è sufficiente il messaggio telepatico che "nel fondo del loro cuore" ritengono di aver ricevuto: un messaggio mediante il quale Dio, ovviamente, dava la sua approvazione su ogni cosa.
La mia ironia, purtroppo, è solo invidia verso chi ha la fortuna di avere la fede.
Proseguo pertanto nella ricerca di argomenti alternativi che possano offrire un qualche conforto.
In tal senso rilevo pertanto che, la quasi totalità degli esseri umani è in relazione spirituale con entità divine, con spiriti dei defunti, con santi, per avere speranza di vita terrena e ultra-terrena, per avere giustificazioni per la propria sofferenza.
Io invece, che sono uno schifoso materialista, uno scienziato pazzo, un filosofo ignorante, penso che i religiosi……hanno valide ragioni per esserlo!
Se non altro perché "Oltre l’uomo" esistono effettivamente entità ultra-potenti, invisibili, che decidono il destino di ogni uomo.
Tuttavia, tali entità io trovo più esatto chiamarle Angeli, Alieni degli UFO: esseri dotati delle caratteristiche "materiali" deducibili dalle progressioni evolutive evidenziate dalla
figura 6, presente nel mio libro "UFO, carnefici dell’uomo" (scaricabile gratuitamente da questo sito Internet).

Analisi del FARE
In ogni caso, l’esistenza umana è scandita dal "fare": fare tutte quelle cose che riteniamo giusto fare per difendere la nostra vita, i nostri ideali, i nostri affetti, le nostre cose.
Diventa dunque importante stabilire cosa c’è alla base della necessità psicologica di fare tutte queste cose; ovvero, perché è importante difendere la propria vita, i propri ideali, i propri affetti, le proprie cose.
Analizzando in profondità l’argomento, si trova che all’origine della necessità di fare qualsiasi cosa c’è sempre un bisogno di essere considerati positivamente nell’ambiente in cui si vive.
Questo "fare" implica una modificazione di qualcosa, una modificazione dello stato in cui le cose si trovano prima che si agisca su di esse con il nostro "fare".
Se faccio una torta, modifico l’ambiente in cui mi trovo in vari modi: modificando la posizione della farina, dello zucchero, delle uova; modificando la loro posizione reciproca impastando tali ingredienti tra essi; modificando la loro collocazione da un luogo a bassa temperatura ad un luogo ad alta temperatura per effettuare la cottura, eccetera.
Questo esempio paradossale è un caso limite, ma esprime adeguatamente la vastità del concetto di "modificazione" attuata dal fare.
Comprendere la inevitabilità della modificazione della materia, delle cose, delle posizioni spaziali e temporali attinenti ciò che costituisce "l’esterno complementare" all’essenza dell’individuo è un fatto importante.
Consente infatti di coinvolgere il ruolo delle forze fisiche (i famosi chilogrammi…), senza le quali qualsiasi cosa "rimane nel suo stato di quiete o di moto uniforme", come stabilito da Newton con la seconda legge fisica della Dinamica.
Le forze fisiche sono infatti ciò che creano il concetto di violenza.
La violenza è infatti una imposizione che implica una differenza tra le potenzialità di due elementi antagonisti: l’antagonista che esercita una forza che sia maggiore della resistenza (resistenza e non "reazione all’azione": concetti fisici diversi) che viene opposta dall’altro antagonista, violenta tale antagonista che ha una forza inferiore.
La parola "inferiore" apre uno scenario immenso sul comportamento animale ed umano.
Consente infatti di inquadrare qualsiasi azione umana in termini di superiorità e di inferiorità tra le parti antagoniste.
Mediante le leggi formulate dalla Psicostasìa Fisiognomica si ha, infine, la scoperta del collegamento di un conflitto: quello tra la superiorità individuo-ambiente ed il bisogno di amare; un bisogno, questo, che sta alla base di qualsiasi azione umana.
La concatenazione di queste proprietà comportamentali pone in rilievo i seguenti aspetti.
Qualsiasi azione è sempre generata da uno stato di superiorità. Qualsiasi azione richiede un coinvolgimento dell’individuo che la compie: nel senso che si agisce sempre per un qualcosa che è legato a noi stessi, giacché l’individuo agisce sempre per difendere ciò che gli appartiene (la mia patria, la mia squadra di calcio, la mia casa, la mia automobile, mia moglie, eccetera).
Ma soprattutto, egli agisce perché ha un obbiettivo da raggiungere, un risultato da acquisire.
Se un’azione non avesse il potere di determinare ciò che si vuole, tale azione non verrebbe esercitata.
Con ciò, non verrebbe esercitata nemmeno la violenza connaturata ad essa.
Ciò significa che l’individuo, per agire, deve avere la convinzione che, agendo, determinerà ciò che egli vuole.
Un falegname che volesse fare una sedia si mette a tagliare pezzi di legno, a fissarli tra essi, a stabilire le giuste geometrie, solo se ha la convinzione che, facendo tali operazioni, egli potrà costruire ed utilizzare la sedia voluta.
Se egli si trovasse nella condizione di vedersi sottrarre da qualcuno ogni pezzo della sedia che egli elabora senza riuscire mai a completarla, oppure che (peggio ancora) appena egli riuscisse a fare tale sedia qualcuno gliela sottraesse con prepotenza minacciosa, tale falegname non costruirebbe alcuna sedia.
Questo esempio ha lo scopo di far intravedere un aspetto particolarmente inquietante dell’esistenza: l’aleatorietà del futuro, l’aleatorietà del raggiungimento dei propri scopi esistenziali.

La impossibilità di prevedere gli avvenimenti della propria vita
In termini più concreti, l’osservazione di come si svolge la propria vita pone in evidenza che difficilmente si riesce a fare ciò che si era programmato; generalmente la vita si svolge in situazioni che non avremmo mai neanche potuto né ipotizzare né vagamente immaginare.
Ovvero, che ciò che ci succede è imprevedibile e non dipendente dalla nostra volontà: noi possiamo sì attivarci per perseguire uno scopo, ma l’eventuale raggiungimento dell’obbiettivo dipende sempre da fattori esterni non prevedibili o non conoscibili a priori.
Tale fatto sgradito non deve sorprendere, per una serie di ragioni.
Innanzi tutto per motivi genetici. La moderna biologia afferma infatti che, ogni essere umano, è costituito dall’insieme di un ovulo femminile e di uno spermatozoo maschile.
Pertanto, in termini generici semplificatori, un padre non può pretendere che suo figlio costituisca un qualcosa che sia un suo prolungamento genetico, ovvero che sia qualcosa dotato di requisiti mentali o fisici finalizzato ad appagare le sue aspirazioni o desideri paterni.
In tale qualcosa-figlio c’è infatti solo il 50% di esso padre; l’altro 50% è costituito dal corredo genetico della madre.
Peraltro, tale approssimativa divisione a metà è ottimistica, illusoria, perché tale padre non considera di essere a sua volta una sintesi del proprio padre e della propria madre (ovvero dei nonni paterni del citato figlio); e non considera nemmeno che sua moglie (così chiamata colei con cui si è accoppiato) è una sintesi anch’essa del proprio padre e della propria madre (ovvero dei nonni materni del citato figlio).
Ovviamente tale influenza ereditaria si estende all’infinito, in una complessità così vasta che rende impossibile cogliere quale, dei milioni di aspetti biologici e psicologici che caratterizzano qualsiasi individuo e che stabiliscono il suo comportamento ed il suo destino, è responsabile di una specifica azione del citato figlio finale che sia finalizzata al ripristino di uno specifico equilibrio esistenziale ancestrale.
La continuazione genetica della specie costituisce, infatti, un programma realizzativo dell’appagamento di esigenze non attuabile in una specifica coppia; tale appagamento è perciò rimandato a qualche altra coppia futura, che sarà possibile realizzare con ulteriori e differenziati incroci genetici.
In altri termini, qualsiasi cosa che sentiamo opportuno o necessario fare, o che comunque facciamo, costituisce sempre un impulso alla realizzazione di un avvenimento inserito in un programma che trae origine dal proprio percorso evolutivo esistenziale; un percorso evolutivo esistenziale che trae origine da incroci genetici che si perdono nella "notte dei tempi", e che non nasce da una libera ed indipendente volontà.
Ciò significa dunque che, se un genitore volesse (per esempio) un figlio maschio, egli potrebbe invece avere tutti figli femmina, semplicemente perché per appagare le esigenze dei suoi avi, egli doveva creare figli femmina.
Ecco cioè che non basta volere una cosa per poterla fare.

Ulteriore impedimento al libero arbitrio
Questa grande influenza dell’eredità ancestrale su quello che è il nostro destino, in realtà è la cosa più insignificante.
Gli avvenimenti della nostra vita sono infatti regolati da forze enormemente maggiori di quelle esercitabili dalla trasmissione genetica; tali forze sovrastanti sono quelle…dovute al livello gerarchico della materia nella scala esistenziale dell’universo.
Tanto per fare un esempio facile facile, pensiamo ad un pulcino, tanto tenero e grazioso, che si dà tanto da fare tra altri pulcini come lui; un pulcino che è una meraviglia incredibile di vastità di processi biochimici, tale da creare addirittura la sua vita, il suo senso di esistere, la percezione del mondo, della libertà di muoversi, di gridare "pio, pio".
Tale pulcino è una meraviglia incredibile di complessità; basti considerare che la scienza attuale non è ancora in grado di costruire nemmeno una cellula vivente, figuriamoci un animale complesso  come un pulcino; complesso ed inserito in un ramo genetico che consente addirittura la produzione industriale di un’infinità di pulcini, tutti apparentemente uguali ma ognuno con una vita e sentimenti che gli sono propri.
Le massime conoscenze scientifiche odierne maneggiano, trasformano cellule già esistenti, ma non consentono neanche lontanamente di creare cellule biologiche assemblando semplici elementi chimici!
Tornando a considerare tale splendido pulcino, ed allargando il nostro campo visivo, potremmo renderci conto che tale pulcino è vicino a tanti altri pulcini, tutti posti in gabbie invalicabili, in cui l’unica cosa che si può fare è mangiare come fanno tutti gli altri pulcini.
Mangiare fino a diventare un pollo che, senza aver capito niente del mondo in cui si è trovato ed in cui è vissuto, verrà afferrato e ghigliottinato da strane cose meccaniche incomprensibili ed avrà la sua vita interrotta di colpo.
Tale ex-pulcino non avrà neanche la soddisfazione di sapere che verrà fatto a pezzi ed esposto sul bancone di un supermercato per essere mangiato da bambini innocenti e  da tante brave persone che non gli avrebbero mai fatto alcun male….Ma il Sistema, in cui tale pulcino era inserito, di male gliene ha fatto anche troppo!
Ma che cos’è il Sistema? La società umana? Ma che cos’è la società umana? Questo discorso ovviamente si fa ampio, vago, difficile.
Tuttavia, tale discorso ha fatto emergere che, al di sopra del pulcino, al di sopra delle meraviglie biologiche che la natura ha ritenuto necessario costruire con la genetica (trasformando la insignificante vita delle molecole chimiche negli incredibili universi attinenti la vita biologica e la vita animale), ci sono  meraviglie esistenziali anche più vaste, più dinamiche e più incomprensibili: quelle attinenti la società umana.
Meraviglie esistenziali che potremmo chiamare anche "Universo umano", giacché talmente vasto da risultare infinito: immaginate cosa può sapere, cosa può percepire un pulcino del motore a reazione di un aeroplano, della tecnologia attinente la sua costruzione aeronautica!
Un universo umano che la genetica del pulcino, l’universo delle galline, neanche prende in considerazione per i suoi programmi evolutivi. Semplicemente perché, comunque, una gallina non potrebbe agire su di esso in alcun modo.
Pertanto, non c’è alcun motivo di rendersi conto della sua esistenza, né delle sue proprietà.
Ma il fatto che il mondo delle galline ignori l’universo umano, non significa che tale universo umano non interferisca sul mondo delle galline! Ovvero: "Caro pollo, non ti preoccupare di niente, stai sereno, mangia e bevi, pensa a crescere, che per il resto penso a tutto io: parola di essere umano"!
La storia del pulcino, il FARE  del pulcino orientato ad "una carriera di successo" è dunque un FARE  in cui la parola "libero arbitrio" mi sembra che sia "vagamente" fuori luogo.
Dico pulcino, ma la storia è la stessa per cani, gatti, uomini…. Possono  esserci variazioni sul tema, ma la sostanza è la stessa.

I mondi al di sopra dell’uomo
Anche l’universo umano è sovrastato da un universo più vasto, più potente, più misterioso, al punto che si è scelta una parola, Dio, per dire: "Ho detto tutto, ho detto il massimo, di più non si può"!
Nella distanza tra l’universo umano e Dio c’è spazio sufficiente per un numero infinito di universi. Figuriamoci se l’essere umano è libero di fare quello che vuole lui! La parola Libero Arbitrio è evidentemente una barzelletta che fa talmente ridere che fa uscire le lacrime dagli occhi…
Un mondo che, come illustrato dalla
figura 6 del mio libro UFO, Carnefici dell’uomo, è popolato da esseri per noi immateriali, trascendentali,  che assomigliano vagamente a ciò che è stato descritto dalla storia umana: angeli, demoni, spiriti, e che ovviamente sono solo quelli più vicini all’essere umano, che interagiscono direttamente con esso.
Divinità padrone del bene e del male, che vanno temute ed alle quali si deve obbedienza cieca, perché capaci di punire l’uomo con siccità, terremoti, inondazioni, guerre.  Divinità "sicuramente giuste" ma che, guardate da lontano, potevano avere anche la crudeltà di pretendere sacrifici animali ed umani: si pensi agli Atzechi, ai Maya. Si pensi ai tribunali cattolici della Sacra Inquisizione che, per secoli, hanno torturato e bruciato chiunque avesse avuto la sfortuna di suscitare la loro attenzione…!
Se dunque la logica rende evidente l’esistenza di un sovrastante universo di esseri ultraumani (angeli, demoni, alieni degli UFO), come non pensare che tutto ciò che facciamo sia fatto solo per un eseguire ordini occulti di tali esseri sovrumani? Ovvero, al di là delle speculazioni filosofiche, come non pensare che il LIBERO ARBITRIO sia soltanto apparente?
Come non pensare che il nostro FARE possa essere un fare voluto da altri per i loro interessi, anche quando tale FARE sembra finalizzato ad appagare nostre esigenze spirituali e materiali?
Come già detto, una prova significativa è costituita dalla stessa vita della generalità degli esseri umani.
Infatti, ben raramente nella vita succede ciò che si è pensato di fare.  Gli avvenimenti della vita, quali la scuola che si sceglie, la persona che incontriamo e che ci fa innamorare, il lavoro che svolgiamo, le malattie che subiamo, il destino dei figli, le situazioni ambientali ostili, non sono mai un risultato che sia il frutto di un nostro FARE specifico.
L’uomo infatti può avere sì certe ambizioni, può agire sì per avere qualcosa, e può raggiungere sì certi traguardi di vita desiderati, ma se ciò avviene, avviene solo perché si sono verificate certe coincidenze o fatalità aleatorie.
Quello che noi crediamo un nostro FARE è, in realtà, un FARE ciò che "altri" hanno deciso che si doveva fare.
Ciò significa evidentemente che il LIBERO ARBITRIO esiste solo per le cose insignificanti.
Come un individuo in automobile che corra in autostrada: egli è libero sì di sterzare a destra ed a sinistra, ma solo delle piccole quantità che non lo facciano uscire di strada.

La ricerca razionale di eventuali soluzioni del problema
Dalle considerazioni finora esposte risulta che, non esistendo il libero arbitrio, non si fa mai ciò che è nel nostro interesse, ma sempre ciò che fa l’interesse di altre entità sconosciute.
Se la razionalità umana è giunta ad evidenziare tale situazione dell’esistenza, è solo perché teoricamente dovrebbe esistere una possibilità di modificarla in senso evolutivo.
Nonostante quanto finora scoperto sembrerebbe che ponga in crisi l’esistenza umana, è dunque opportuno proseguire nell’analisi.
Si vive solo per FARE qualcosa che migliori e che rafforzi la nostra vita;  si fa qualcosa  solo se è logico farla, ovvero se esiste un motivo finalizzato all’appagamento dei nostri desideri.  Qualsiasi cosa si faccia la si fa sempre per realizzare un evento futuro voluto, un evento che sia espressivo di una conclusione logica.
Qualsiasi attività umana è dunque possibile solo se essa consente alla vita dell’uomo un prolungamento nel futuro: minuto per minuto, giorno per giorno, anno per anno. Alla base di qualsiasi cosa che l’individuo fa, c’è dunque una volontà che è  accettata solo se il fine è quello di influire, positivamente o anche negativamente (per esempio il suicidio), sulla propria esistenza.
Il requisito fondamentale del comportamento umano è quello della logica, del senso logico che deve avere la vita, per la quale lottiamo momento per momento contrapponendoci alle difficoltà ambientali.
Se l’individuo si rendesse conto che egli è un semplice schiavo di volontà divine, e che pertanto fa solo quello che esse vogliono che faccia per i loro esclusivi interessi, la sua vita non avrebbe senso.
Di conseguenza, l’individuo diventerebbe privo di qualsiasi entusiasmo, privo di qualsiasi energia, privo di qualsiasi volontà di FARE, privo di qualsiasi motivazione vitale.
Ciò riguarderebbe tuttavia non solo l’individuo, ma soprattutto i suoi reconditi esseri parassiti, che hanno bisogno della sua vita per  assorbire l’energia psichica da essa prodotta.
Una vita che, per i motivi sopra esposti, ha necessità di motivazioni logiche.
Siccome tali motivazioni non esistono, allora tali esseri alieni parassiti umani forniscono all’individuo cose atte a distrarlo, atte ad impegnargli la sua mente pensante, atte a farlo illudere che esistono ragioni per vivere.
A tale fine forniscono all’individuo mezzi di piacere atti ad appassionarlo, ed emozionarlo.
Si pensi alla moltitudine di fanatici sportivi, si pensi alla moltitudine di fanatici per i divi dello spettacolo (musica, film), si pensi alla moltitudine di fanatici della politica, si pensi alla esagerata importanza data alla sessualità: ci si potrà così facilmente rendere conto che il termine "fanatico", che accumuna le masse popolari, sta proprio a far pensare che "qualcuno" abbia interesse a distogliere i pensieri di esse da argomenti riguardanti direttamente il senso della loro vita.
Preso atto di quanto finora evidenziato, rimane il dilemma di come conciliare l’esigenza di avere uno scopo per vivere con il fatto che tale scopo viene negato dal seguire "gli ammaestramenti suadenti" forniti da Angeli, Demoni ed Alieni degli UFO.
L’attuale attività umana è infatti finalizzata esclusivamente a fornire a costoro l’energia psichica umana di cui essi si nutrono, e che viene emessa dall’umanità a seguito di sofferenze appositamente create (miseria, rivoluzioni, guerre, terremoti, uragani, alluvioni, siccità, malattie, delusioni affettive, eccetera).

Tale dilemma ha la seguente soluzione:

FARE SAPENDO DI NON FARE


L’ausilio della Psicostasìa Fisiognomica

Questa soluzione potrebbe sembrare ermetica, sibillina, insignificante, ma in realtà è una sintesi di ragionamenti complessi che non ha alternative e che, pertanto, va chiarita per sviluppare il suo grande potere salvifico.
Va dunque ben capito che il FARE non è una parola profferita al vento: il FARE è l’inclinazione di una linea presente sulla forma della bocca umana, la quale crea l’energia fisica necessaria per esercitare la VIOLENZA richiesta da qualsiasi azione umana.
Tale inclinazione di violenza espressa dalla forma della bocca è legata alla possibilità di vittoria, alla possibilità che tale violenza possa essere estrinsecata al fine di ottenere una gioia.
Una gioia che, con la propria sussistenza, crea nell’individuo l’esigenza di costruire le condizioni per una sua perpetuazione nel futuro.
Una gioia che, in ultima analisi, è l’accettazione del proprio presente, è il piacere di vivere una certa condizione esistenziale presente.
Questa gioia è realizzata dall’espressione del sorriso, cioè dalle notorie inclinazioni all’insù delle due estremità della bocca.
Normalmente tale gioia è tratta da azioni vincenti dell’individuo; azioni che implicano un futuro di vita felice, un’illusione che possano esistere valide ragioni per vivere.
Tale illusione intrinseca e recondita, presente nel normale comportamento umano, costituisce però (appunto in quanto espressiva di un’attività sbagliata)  ciò da cui sorge il male, il dolore, la sofferenza, la morte: nei tempi e nei modi stabiliti dai citati parassiti del genere umano (Angeli, Demoni, Alieni degli Ufo).
Per consolidare e perpetuare la gioia è dunque imprescindibile eliminare le illusioni, giacché le illusioni rendono la gioia precaria, instabile, aleatoria.
L’essere umano deve pertanto concretizzare un atteggiamento di coscienza del suo ruolo di schiavo dei suoi parassiti divini, senza però rinunciare alla sua gioia.
Essere contenti, dopo aver capito che tutto ciò che si fa lo si fa solo perché si è costretti a farlo fino a quando qualcuno deciderà l’ora della nostra morte eterna, non è molto facile da farsi.
Tuttavia è possibile, nella misura in cui la gioia non viene basata su una presupposta benevolenza divina, ma viene basata sul possesso di risorse energetiche di violenza che siano tanto più rilevanti quanto più l’ambiente è ostile e pericoloso.
In pratica l’individuo deve tendere ad essere debole con i deboli e ad essere forte con i forti, contravvenendo in tal modo ai dettami del suo naturale istinto vile che lo fa essere forte con i deboli e debole con i forti.
In merito a ciò va osservato che, tale naturale istinto vile dell’essere umano, è chiaramente rilevabile dall’analisi della forma della bocca effettuata con i criteri della mia Psicostasìa Fisiognomica (scienza esposta nel mio sito www.psicostasia.it).
Va inoltre osservato che tale naturale istinto vile dell’essere umano è alla base dell’avidità smisurata e della crudeltà che stanno all’origine di qualsiasi male della società umana.
Va infine osservato che le citate risorse energetiche di violenza (superiorità relativa agli ambienti forti) sono ottenibili mediante una ristrutturazione psico-biologica dell’uomo, attuata da una conoscenza di specifiche verità scientifiche assistita da criteri alimentari e respiratori differenti da quelli attualmente adottati.

Una deduzione utile
Concretamente, si può cominciare continuando a vivere, a FARE SAPENDO DI NON FARE.
Una consapevolezza che potremmo definire ispirata al famoso proverbio: "Guarda il male negli occhi per sconfiggerlo".
Una consapevolezza che potremmo integrare seguendo quanto ci consiglia quello che, nell’apposito articolo presente in questo stesso sito Internet, ho chiamato Seconda Legge del Buco Nero: "Se il nemico ti incula non ti muovere, perché faresti il suo gioco".
L’immobilità è infatti la conseguenza della gioia, della piena soddisfazione di ciò che si possiede, una gioia che non richiede nient’altro e che, pertanto, non richiede di fare nulla: per questo si sta fermi.
Peraltro, ciò è quanto espresso non solo dall’estasi, dalla preghiera dei religiosi, dalla meditazione dei santoni indiani, ma anche dalla tipica capacità di immobilità degli animali più terribili, quali i serpenti ed i felini: animali che hanno una bocca conformata in un modo simile proprio a quello sopra descritto. Violenza usata solo per difendersi, solo per mangiare.
Per capire le ragioni della citata accettazione del ruolo di vittima da parte dell’essere umano realizzata dal sorriso, va considerato che il sorriso, o gioia, o felicità, è un qualcosa di proporzionale alla sua possibilità di essere protratto stabilmente nel tempo futuro.
E poiché ciò che può distruggere la gioia è solo una sofferenza derivante dalla pericolosità dell’ambiente, diventa consequenziale dedurre che tale pericolosità ambientale può essere superata solo da una capacità di violenza maggiore di quella che può essere esercitata dall’ambiente.
Ovvero che, più si è forti e superiori, più è possibile conservare il proprio stato di benessere o di felicità.
Ecco dunque che, l’auto-imposizione di un sorriso e la capacità di accettare senza sofferenza una qualsiasi situazione, è semplicemente la conseguenza del possesso di una proporzionale superiorità o capacità di violenza nei riguardi dell’ambiente se diventasse troppo pericoloso.
Cioè avere, appunto, la capacità di essere forti con i forti  (gli ambienti forti, ubicati nella  zona centrale della bocca) e di essere deboli con i deboli (cioè verso gli ambienti deboli, ubicati nelle due estremità laterali della bocca).
Il tutto, inquadrato in un’ottica indiscutibile: ogni espressione materiale dell’universo che derivi da un processo evolutivo è passata da condizioni inferiori a condizioni superiori.
Ciò significa che, le citate scoperte, costituiscono l’elemento che conferirà all’umanità un incremento di superiorità tale da trasformare tanti esseri umani in Angeli, facendoli accedere a realtà esistenziali ulteriori, più vicine al divino.
Ecco pertanto che FARE SAPENDO DI NON FARE significa continuare a FARE  come se tale FARE fosse voluto da noi; come se tale FARE fosse finalizzato al nostro benessere futuro.
Nel nostro intimo, invece, sappiamo che in realtà quello che facciamo è un qualcosa stabilito da altri, ovvero che noi NON FACCIAMO nulla: siamo su un vagone di un treno che va dove gli pare quando gli pare. Un treno costruito dal nostro corredo genetico ancestrale, ma che viene fatto correre se, quando, e dove vogliono entità ultra-umane per appagare le loro esigenze di esseri "quasi divini".
Un FARE che è dunque indispensabile per estrinsecare una violenza apparentemente attuativa di una vittoria sull’ambiente dalla quale perpetuare la propria vita.
Una vita che sia però giustificabile dal possesso della gioia, cosicché diventa prioritario non tanto il fare, quanto una gioia da perpetuare con un ulteriore FARE.
Una gioia che deve trarre la sua presenza nel futuro non tanto da aleatorie  e mutevoli possibilità di vittoria derivanti dal FARE, bensì  da una sua collocazione ideale nel futuro; una collocazione che può derivare solo dall’elaborazione di programmi esistenziali che siano differenti da quelli relativi alle gioie derivanti da un FARE che sia basato sull’illusione di una vittoria futura.
Programmi esistenziali, riferiti a lotte esistenziali che tengano conto che l’ostacolo da superare non è costituito dalle difficoltà di vittoria sull’ambiente, bensì dalla presenza di altri livelli ostativi costituiti dagli esseri angelici; esseri capaci di interrompere in ogni momento la nostra lotta effimera protesa verso i risultati illusori da essi predisposti.
L’essere umano deve continuare a FARE come se fosse lui a decidere ciò che fa, mentre nel contempo deve invece aumentare le proprie risorse di superiorità per FARE  cose che siano realmente decise da lui, onde orientare la PROPRIA evoluzione verso il DIVINO  che sta oltre le entità angeliche parassite della sua vita.
L’aumento delle sue risorse di superiorità può essere tratto solo da una modificazione della sua bocca, creabile con l’alimentazione e la respirazione indicate dalla Psicostasìa Fisiognomica ma, in particolare, indicata nel mio libro I POTERI DEL SORRISO, il cui riassunto è presente in questo stesso sito Internet.

                                                                                                                                             
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