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57.

POTERE DEI SIMBOLI: esempio modifiche FERRARI


Riassunto

Nel campionato mondiale di Formula 1 del 2017, la Ferrari comincia a vincere: Vettel è attualmente primo in classifica.
Ciò avviene dopo anni di sconfitte implacabili che stavano sgretolando la sua immagine di invincibilità.
Sono cambiati il motore, l’aerodinamica, i piloti? Macché!
Per vincere le corse, la Ferrari ha semplicemente modificato una piccola parte dell’insieme dei suoi simboli. In particolare, quelli disegnati sulla sua carrozzeria: ciò, allo scopo di farlo diventare un insieme più positivo, più vincente, più fortunato
La fortuna non è cieca come generalmente si pensa: appena c’è un simbolo vincente essa lo vede immediatamente.
Considerando che le macchine da corsa della Formula 1 sono costruite con la tecnologia più avanzata del mondo, parlare di fortuna può apparire fuori-luogo. Per dimostrare il contrario, in questo Scritto Inumano n° 57 viene evidenziato il fatto che la scienza ha dei limiti che sono invalicabili dalla razionalità usuale e che, tali limiti, vengono pertanto superati ricorrendo ad ulteriori mezzi più capaci; tali mezzi sono costituiti dall’utilizzazione dei poteri degli archetipi.
In questo Scritto Inumano n° 57 viene portato, quale esempio dimostrativo, l’impossibilità di avere automobili dotate di ruote che siano capaci di rotolare senza dover pure strisciare in modi non conoscibili; uno strisciamento che determina l’esito delle gare, non solo perché consuma i pneumatici, ma anche perché spreca la potenza erogata dal motore.




Quando il potere della materialità si arrende alla immaterialità della sfortuna


La possibilità di vincere una competizione non è mai assoluta; infatti, essa dipende sempre
dalle caratteristiche dell’avversario.
Si può essere molto forti, ma se l’avversario è più forte di noi, si perde la competizione.
Come è noto, negli ultimi anni l’avversario da battere è stato Mercedes.
Parlando di automobili, di motori, di tecnologia, generalmente si pensa che tutto possa avere
un rigore scientifico, un’assolutezza matematica. Purtroppo, tale modo di pensare è sbagliato perché, oltre un certo limite, la complessità delle cose diventa inaccessibile alla razionalità umana.
Ciò che è ovvio e materiale diventa inutile, dannoso, perché impedisce di accettare l’ipotesi che potrebbe esserci qualcosa anche più ovvio, anche più logico.
Vediamo dalla natura che, inizialmente, gli animali affidavano la loro sopravvivenza ad un corpo duro che, come una corazza, sembrava ad essi idoneo a proteggerli dalla violenza ambientale.
Un esempio di tale fatto è espresso dall’eso-scheletro degli insetti (duri fuori, molli dentro), o dai crostacei (granchi, aragoste, ecc.), dalla pelle spessa dei pachidermi, dalla struttura delle cozze o delle ostriche, dal carapace delle tartarughe, degli armadilli, eccetera.
Queste corazze sono infatti generalmente inutili, specialmente nei confronti di quell’animale chiamato UOMO, derivante da un’evoluzione migliore.
Tale uomo, pur avendo una pelle delicatissima, ha però quell’arma evanescente, invisibile, ma potentissima, chiamata INTELLIGENZA.
Lo stesso citato fenomeno (della materialità e della durezza che diventano inutili e dannose di fronte all’espetto evanescente dell’intelligenza) è espresso anche dalle corazze militari, dalle armature dei guerrieri: esse furono infatti abbandonate come deleterie, quando furono inventate dal nemico (a seguito della presenza della solita evanescente intelligenza) le balestre e le armi da fuoco.
Lo stesso fenomeno è espresso, inoltre, dalla rinuncia a corazzature sempre più spesse da parte dei carri armati e da parte delle superbe navi corazzate: una rinuncia imposta brutalmente dall’invenzione della CARICA CAVA. Infatti, la citata evanescente intelligenza umana scoprì che, se invece di riempire di esplosivo i proiettili, li si riempiva solo parzialmente e si lasciava al loro interno una cavità conformata come un’ogiva, l’energia dello scoppio veniva concentrata come un dardo infuocato. Tale dardo infuocato era infatti capace di perforare per fusione qualsiasi cosa: anche spessori di acciaio dieci volte maggiori del diametro del proiettile esplosivo a carica cava, lanciato dai cannoni o dai bazooka.
Detto fenomeno, del potere esercitato dalla immaterialità di fattori spirituali, trova espressione anche nei fatti della nostra vita quotidiana.
La vita è infatti sempre assoggettata a miliardi di interventi da parte di fattori inconoscibili ed incontrollabili. Basta pensare allo sport per rendersi conto di come, il risultato di qualsiasi evento, possieda sempre un margine di incertezza. Nelle partite di calcio, nelle gare motoristiche, nelle gare di atletica, c’è generalmente sempre un fattore imprevedibile, evanescente, incontrollabile (immateriale, irrazionale); un fattore che rende aleatorio il risultato e che conferisce allo sport la sua proprietà di generare le tensioni emotive sfocianti nella tipica tifoseria. Un fattore che potremmo definire magico, ma che più semplicemente attinge i suoi poteri all’onnipotenza dell’inconscio, della telepatia (iettature), dell’ipnosi.
Al punto tale che si è stabilita "quella regola" che il culo fa parte del gioco!
Io ho studiato tale fattore "magico" e l’ho codificato nel potere che i simboli esercitano sull’inconscio umano, mediante la mia scienza Archetiposofia.
Le ragioni che sono alla base di tale potere magico sono illustrate nei mei seguenti tre Scritti Inumani sull’argomento:


N° 33    Archetiposofia, scienza della superstizione


N° 53    Il potere magico dei simboli nella creazione del successo (per esempio, Matteo Renzi)


N° 56   Simboli decisivi della gara Mercedes-Ferrari e del Referendum SI-NO


presenti su questo sito www.poetarolando.com da oltre quattro anni.




INIZIO DI UNA LUNGA (E NOIOSA) ESPOSIZIONE TECNICA SUI FATTORI DI CONSUMO DEI PNEUMATICI DELLE AUTOMOBILI




Equivalenza tecnologica tra Ferrari e Mercedes


Tornando a considerare più direttamente l’argomento del presente scritto, esaminiamo dunque perché, nonostante le gare automobilistiche siano basate sulla concretezza di motori e di altri organi meccanici che sono espressivi dei massimi livelli tecnologici, tali gare incontrino dei limiti alle possibilità di affidarsi esclusivamente alla materialità della scienza. Ovvero, perché tali competizioni diventino strumenti gestiti, in modo occulto, dall’evanescente potere degli archetipi espressi dai simboli identificanti i soggetti delle competizioni.
Nel confronto tra la Ferrari e la Mercedes il valore tecnico è praticamente equivalente. Ciò è dimostrato dai tempi impiegati per compiere il giro del circuito dalle due marche per stabilire la "Pole Position": tempi che differiscono generalmente di frazioni di secondo. Anche considerando il distacco finale, esso è sempre di quei pochissimi secondi che sono irrilevanti rispetto ai secondi impiegati in tutta la gara (in due ore di gara ci sono 7.200 secondi).




Il peso (massa) delle ruote


La loro tecnica è considerabile equivalente, anche perché, sull’esito di una gara automobilistica, incide un numero enorme di fattori: tutti estremamente vaghi, imponderabili.
Consideriamo, per esempio, il consumo dei pneumatici. Un consumo che è sinonimo di usura, abrasione, strisciamento; ovvero di energie perdute per consumare i pneumatici, le quali non possono essere utilizzate per andare più veloci e per vincere le gare.
I pneumatici che ricoprono le ruote devono essere leggeri il più possibile, perché le ruote (oltre che ruotare) traslano in avanti insieme al corpo della vettura a velocità che possono superare anche i 300 Km/h, e tale fatto ha molte implicazioni.
Tale traslazione avviene per rotolamento e genera un attrito volvente che è proporzionale anche al peso delle ruote.
Inoltre, detta traslazione avviene con una traiettoria che è tanto più rettilinea (o tesa o diritta) quanto maggiore è la velocità.
La strada, invece, non è affatto né diritta, né perfettamente piana: essa presenta sempre inevitabili avvallamenti più o meno grandi. Su tali avvallamenti le ruote devono SEMPRE aderire, per le seguenti ragioni. Innanzi tutto per consentire allo sterzo di far eseguire le traiettorie curve del circuito; poi, per consentire al motore di trasferire la sua potenza al suolo; inoltre, per consentire ai freni di dissipare l’energia cinetica di tutta l’automobile sui dischi-freni, mediante il trascinamento che la strada effettua sulle ruote allo scopo di far mantenere ad esse la loro necessaria rotazione.
Tali ruote, mentre si spostano rotolando orizzontalmente in avanti con traiettoria diritta (imposta ad esse dal telaio su cui sono ancorate) devono contemporaneamente muoversi verticalmente, nei modi rapidissimi che sono ad esse richiesti per farle restare attaccate ad una strada in cui sono presenti avvallamenti e dossi.
Siccome tali movimenti verticali sono alterni (verso l’alto e verso il basso) essi creano FORZE DI INERZIA. Tali forze di inerzia tenderebbero notoriamente a creare "velocità costanti in un solo verso", impedendo così alle ruote di rimanere sempre aderenti alla strada.
Tali Forze di Inerzia sono matematicamente date dal prodotto delle citate accelerazioni (verso l’alto e verso il basso) per la MASSA delle ruote; le accelerazioni sono quelle create dalla inevitabile mancanza di planarità della strada, cosicché si possono ridurre gli effetti nocivi delle citate Forze di Inerzia soltanto RIDUCENDO LA MASSA delle ruote.
Riducendo cioè le famose "masse non sospese": quelle masse che, appoggiando a terra, non sono ovviamente SOSPESE (appese…) mediante le sospensioni; le masse sospese sono invece quelle del telaio dell’automobile e di ciò che esso contiene.
Questo discorso tecnico è necessario per capire che le ruote (e le cose che si muovono con esse) devono essere leggere il più possibile. Dopo aver capito ciò, si deve capire un’altra cosa. Si deve capire che le ruote hanno la loro periferia che è di gomma: un materiale relativamente morbido e facilmente soggetto ad un consumo per abrasione, per sfregamento.
Per mantenere la presenza di tale gomma, diventa dunque necessario che tale usura sia la minore possibile. Nel contempo, tale gomma deve essere presente in una quantità che sia la minore possibile. Per conciliare le citate esigenze, tale gomma dovrebbe essere dura il più possibile. Purtroppo, però, più la gomma è dura, meno attrito essa è capace di generare durante il suo contatto con la strada. Ciò significa che una gomma più dura fa frenare di meno, fa accelerare di meno, fa curvare di meno.




Perché le ruote delle automobili sono incapaci di rotolare


Ecco dunque la necessità di scegliere gomme che siano di una durezza idonea a conciliare le citate opposte esigenze (la famosa scelta delle gomme a mescola dura, oppure a mescola media, oppure a mescola morbida, dove per "mescola" si intende una gomma costruita mescolando vari "ingredienti").
Una scelta dunque, estremamente difficile da fare, che viene azzeccata come ottimale essenzialmente per intuizioni fortunate del Tecnico responsabile di essa.
Per capire la IMPOSSIBILITÁ di effettuare scelte basate su fattori scientifici o tecnici che siano quantificabili a priori con una precisione che sia definibile, si deve considerare il seguente fatto, di cui la generalità delle persone ignora l’esistenza.
Tale fatto è che le ruote di un’automobile NON ROTOLANO mai perfettamente, bensì STRISCIANO sempre, come striscia un mobile di casa quando viene spostato!
Facciamo degli esempi per capire più facilmente tale affermazione, che altrimenti per chi non è un tecnico dell’argomento potrebbe apparire inconcepibile.
Partiamo da lontano dicendo che qualsiasi rotazione avviene sempre attorno ad una asse.
Se rovesciate una bicicletta, appoggiandola al suolo con il suo sellino ed il suo manubrio, avrete le due ruote che sono libere di girare.
Se prestate un po' di attenzione vedrete che esse girano insieme ad una parte centrale chiamata Mozzo, il quale è unito al cerchio periferico portante il pneumatico mediante gli usuali raggi.
Vedrete inoltre che tale mozzo è una specie di corto tubo entro cui è infilato un perno che sta fermo.
Per rendere agevole la rotazione del mozzo (ruota) rispetto al perno fisso, tra di essi sono interposti i comuni cuscinetti a sfere.
In questo modo si ha che il mozzo della ruota gira attorno ad un perno fermo. Di tale rotazione, tuttavia, non è esatto dire che avviene attorno ad un perno. Infatti, se da un punto di vista pratico ciò è vero, da un punto di vista teorico tale rotazione avviene attorno ad un "perno" molto più piccolo di quello che vediamo: talmente piccolo da non essere più visibile; tale perno invisibile, astratto, immateriale, è l’ASSE DI ROTAZIONE.
Premesso ciò, possiamo dunque capire che, se facessimo rotolare un cilindro (un barattolo di pomodori, una scatoletta di tonno, una penna, una moneta, ecc.) tale rotazione avverrebbe attorno ad un ASSE immateriale ed invisibile (l’asse del cilindro geometrico) il quale svolge la funzione del citato perno del mozzo.
Un barattolo cilindrico si comporta in modo differente da una ruota, giacché esso non ha un perno che gli offra un ASSE FERMO.
Il barattolo cilindrico, ruotando, porta con sé il suo asse e lo fa traslare mantenendolo parallelo a sé stesso.
Per tale motivo, il barattolo cilindrico, rotolando, percorre una traiettoria diritta: nel senso che potremmo lanciarlo come una boccia da gioco in una direzione precisa.
Ecco dunque che, ciò che fa girare il barattolo su sé stesso è la presenza di un suo asse che è PARALLELO AL PIANO SU CUI ROTOLA, e che si mantiene parallelo a sé stesso mentre rotola.
Premesso ciò, ipotizziamo ora di far rotolare sul piano di un tavolo, anziché un cilindro geometrico, un CONO. Vedremmo subito che tale cono non va diritto in avanti, bensì che esso curva subito, percorrendo una traiettoria circolare (anziché una traiettoria diritta). Tale cono, mentre orbita secondo la citata traiettoria circolare, gira anche su sé stesso.
Questa rotazione (come qualsiasi rotazione) avviene ovviamente attorno ad un asse. Un asse che, nel cono, non è parallelo al piano su cui appoggia e rotola, bensì è OBLIQUO rispetto a tale piano orizzontale su cui appoggia. Un asse che interseca, trafigge, penetra teoricamente nel piano orizzontale di rotolamento.
Questo confronto "pignolo" tra il rotolamento di un cilindro ed il rotolamento di un cono è molto importante.
Tale confronto è indispensabile per capire la vera causa del consumo delle ruote della vostra automobile; una causa che nessuno vi ha mai spiegato perché praticamente nessuno (tranne i pochi specialisti) conosce.
Benché le ruote appaiono "diritte", in realtà esse hanno una disposizione sghemba: nel senso che il loro asse di rotazione è inclinato di pochi gradi rispetto ad ognuno dei tre assi dello spazio. Nel caso delle ruote anteriori, il loro asse è inclinato nel piano orizzontale per offrire gli Angoli di Convergenza, mutevoli proporzionalmente alla velocità e finalizzati ad offrire la condizione di rotolamento ideale alle velocità più presenti.
È inclinato per offrire gli Angoli di Camber nel piano verticale-trasversale, mutevoli proporzionalmente al carico dinamico della vettura per fornire alle ruote la maggiore perpendicolarità possibile rispetto al piano stradale compatibilmente con la massima aderenza in curva.
È inclinato con l’Angolo di Incidenza nel piano verticale-longitudinale per offrire un ritorno automatico dello sterzo, adeguato alla estrema variabilità dei raggi di curvatura della pista e creato dal peso della stessa automobile che ha le sue ruote girevoli sul loro perno sporgente da un apposito corpo (fuso a snodo) imperniato con asse verticale.
Il citato confronto consente di capire che, la differenza tra un cilindro ed un cono rotolanti, sta ESCLUSIVAMENTE nel fatto che il loro asse geometrico è:
o parallelo al piano di rotolamento,
oppure obliquo rispetto al piano di rotolamento su cui essi appoggiano.
Se tale asse è parallelo al piano di appoggio, il rotolamento avviene secondo una direzione orizzontale diritta, costante, e perpendicolare all’asse di rotazione.
Se, invece, tale asse è obliquo, il rotolamento avviene secondo una traiettoria orbitale circolare, che impone all’asse di rotazione una continua variazione angolare rispetto al centro dell’orbita; un centro dell’orbita che è stabilito dal punto in cui, l’asse di rotazione obliquo, interseca geometricamente il piano di appoggio.




L’ancoraggio delle ruote al telaio mediante gomma


Si giunge così all’aspetto fondamentale del discorso che coinvolge tutte le automobili.
La traiettoria in avanti dell’automobile è concettualmente diritta, cosicché le sue ruote cilindriche dovrebbero avere i loro assi che si mantengono sempre paralleli alla orizzontalità del piano stradale.
Tuttavia, se tali ruote mantenessero il loro assi con la citata direzione FISSA ORIZZONTALE PARALLELA al piano stradale, significherebbe che essi sono rigidamente solidali al telaio.
Ciò comporterebbe che l’automobile si romperebbe subito, perché assoggettata agli URTI catastrofici generati dal contatto delle ruote con le asperità del terreno.
Né si potrebbe irrobustirla, perché si aumenterebbe il suo peso e quindi anche l’entità di tali urti.
La soluzione è ovviamente quella di vincolare la ruota al telaio dell’automobile in un modo elastico, cedevole, che consenta di far scaricare in modo graduale le energie cinetiche create dalle asperità della strada.
In questo modo, tali energie possono sollecitare il telaio dell’automobile con forze ridotte e prestabilibili.
Tale fissaggio elasticamente cedevole delle ruote al telaio è svolto dalle cosiddette sospensioni, comprendenti, oltre che apposite molle, robusti bracci meccanici di supporto delle ruote; tali bracci, quando ricevono gli urti della strada, sono capaci di arretrare elasticamente verso l’alto e di riportare rapidamente le ruote nella posizione che consente ad esse di traslare in avanti.
Questi arretramenti elastici delle ruote sono facilmente realizzabili nelle ruote posteriori (assale rigido ma sollevabile in senso verticale, oppure bracci oscillanti con assi trasversali paralleli a quelli delle ruote, ecc…), ma sono problematici sulle ruote anteriori.
Le ruote anteriori devono infatti svolgere, oltre alla funzione di sollevarsi verticalmente in modo elastico per attenuare gli urti che ricevono dalle asperità della strada, molte altre funzioni. Devono infatti variare la disposizione dei loro assi da una configurazione perpendicolare alla traiettoria in avanti percorsa dall’automobile, ad una configurazione obliqua nel piano orizzontale che le faccia girare (come se tali ruote fossero dei coni) verso altre direzioni, per far percorrere all’automobile le curve della strada.
In altre parole, le ruote devono girare attorno alla nuova inclinazione dei loro assi confluenti nel comune centro della curva mentre il corpo dell’automobile continua a trascinarle, per inerzia, nella traiettoria diritta verso avanti.
Ma questo è un discorso estremamente semplificato, perché a tali ruote sono richiesti molti altri compiti, da svolgere contemporaneamente ed in contrasto tra essi.
Per esempio, consideriamo il fatto che le ruote devono avere un asse di rotazione che rimanga fermo mentre l’automobile viaggia diritta in avanti.
Tale fissità non è possibile, perché i bracci di sostegno delle ruote non sono imbullonati "ferro su ferro" al telaio, bensì "ferro su gomma" mediante appositi anelli di gomma per attenuare gli urti provenienti da tutte le direzioni! Ciò significa che ogni sobbalzo fa cambiare disposizione agli assi delle ruote; ogni frenata che effettuiamo fa cambiare disposizione agli assi delle ruote; ogni movimento dello sterzo fa cambiare disposizione agli assi delle ruote. Ecco cioè che, la teorica necessità di far comportare le ruote come se fossero cilindri, è un puro sogno irrealizzabile: subentra infatti, un’infinità di fattori che, inclinando alle ruote i loro assi di rotazione, le fa comportare come fossero dei coni e le costringe a strisciare anziché a rotolare.




Altre cause di impedimento alla rotazione


Così, per esempio, le inclinazioni secondo il piano verticale trasversale create da eventuali sobbalzi, trasformano concettualmente la "cilindricità" della ruota (necessaria al rotolamento diritto in avanti) in una "conicità" che costringerebbe la ruota a percorrere una traiettoria circolare.
Peraltro, tali sobbalzi possono modificare anche le traiettorie circolari di corretta sterzata.
Va infatti considerato che, mentre percorre una curva, l’automobile è soggetta ad una forza centrifuga applicata al suo baricentro. Un baricentro che è sempre ad una certa distanza dal piano stradale e che pertanto fa creare un MOMENTO MECCANICO (forza per distanza) tendente a rovesciare l’automobile; ovvero, un momento meccanico che fa scaricare sulle ruote esterne (rispetto alla curva) forze che sono maggiori rispetto a quelle agenti sulle ruote interne (rispetto alla curva). Ciò significa che le ruote esterne vengono schiacciate verso il basso, modificando così la loro disposizione rispetto al telaio dell’automobile e creando obliquità del loro asse di rotazione in un piano verticale trasversale.
Altro esempio: tutti hanno constatato che i pneumatici delle quattro ruote si consumano in modo differente tra essi: dove il consumo è maggiore si ha sempre un rotolamento come cono anziché come cilindro, giacché tale consumo è la conseguenza di un’abrasione per strisciamento.
Tale strisciamento potrebbe essere quello creato dalla famosa "convergenza" delle ruote anteriori, che i gommisti ci dicono di controllare quando l’usura è asimmetrica o quando è eccessiva.
Subito ci si dovrebbe chiedere: "Ma perché le ruote devono essere convergenti (oppure divergenti nel caso di una trazione anteriore) e non allineate"? Ammesso che ve lo siate chiesto vi rispondo.
Come già detto, le ruote sono montate su bracci imbullonati al telaio mediante interposizione
di gommini (silent-block); quando tali ruote anteriori sono motrici esse si spostano in avanti disponendo obliquamente tali bracci di supporto elasticizzati; tuttavia, poiché tali bracci devono fornire alle ruote un asse perpendicolare all’avanzamento, essi vengono preventivamente "contro-inclinati": in questo modo, quando l’automobile procede in avanti, ad una velocità di progetto prestabilita, li ridispone nella loro corretta posizione di esercizio.
Un altro fattore imponderabile è il consumo che le gomme subiscono quando percorrono traiettorie curve. Le ruote delle automobili, infatti, non sono dischi sottili, bensì sostanzialmente "cilindri di gomma" che hanno una cospicua lunghezza (larghezza delle ruote). Immaginiamo di montare una ruota su una estremità di una lunga barra cilindrica orizzontale, mediante usuali cuscinetti; immaginiamo pure di incernierare al suolo e con asse verticale l’altra estremità di tale barra, in modo da realizzare un braccio radiale che faccia orbitare la citata ruota facendola rotolare sulla planarità del suolo.
Questa ruota, apparentemente, rotola in modo facile percorrendo una traiettoria circolare. Invece essa non rotola, bensì striscia con attrito che, frenando, genera abrasioni.
Infatti, tale ruota non percorre una sola circonferenza geometrica, bensì tante circonferenze concentriche; di queste circonferenze, quella più piccola è quella percorsa dal bordo dei "dischi teorici" costitutivi della larghezza della ruota che sono più interni alla curva; la circonferenza più grande è invece quella percorsa dal "disco teorico" costitutivo della larghezza della ruota che è più esterno alla curva. Siccome tutte le citate traiettorie circolari dei citati "dischi teorici" vengono percorse con la stessa velocità angolare (giri al secondo) posseduta dal braccio radiale portante il perno della ruota, esse vengono percorse con velocità periferiche (metri al secondo) differenti e proporzionali al loro raggio (ovvero proporzionali alla loro distanza dal centro della curva). Ciò non è materialmente possibile, perché "i dischi teorici" che dovrebbero percorrere tali circonferenze differenti appartengono alla materiale cilindricità (larghezza) della ruota. Tutti essi dispongono pertanto di una loro velocità periferica unica, anziché di molteplici velocità periferiche che li facciano girare ad una propria velocità angolare che (in funzione del proprio raggio) realizzi la velocità periferica uguale a quella di orbitazione per poter rotolare e non strisciare. A seguito di tale fatto, una qualsiasi ruota che percorra una traiettoria curva è soggetta a strisciare sulla strada secondo "modalità di compensazione". Poiché le curve percorse dalle ruote dell’automobile dipendono dalle geometrie soggettive degli angoli delle sospensioni e dalle scelte di traiettoria aleatorie fatte dal pilota, ecco come la potenza del motore dell’automobile possa essere dissipata da inevitabili quanto imprevedibili strisciamenti delle ruote.



Strisciamenti che, peraltro, sussistono anche quando l’automobile va diritta, giacché anche in questa condizione gli assi delle ruote non hanno mai l’orientamento orizzontale e trasversale al moto, cosicché le rendono dei coni da far rotolare come se fossero dei cilindri.
Per farla semplice, le sospensioni anteriori e posteriori delle automobili, impongono agli assi delle ruote inclinazioni che di fatto, NON SONO MAI quelle teoriche orizzontali, parallele, perpendicolari al verso di avanzamento dell’automobile.
Ciò significa che le ruote dell’automobile, benché siano "CILINDRI", esse vengono ciclicamente e continuamente "trasformate" in CONI che tenderebbero a percorrere traiettorie circolari invece della traiettoria diritta in avanti, che l’automobile impone ad essi.
Da tale fatto deriva che, siccome l’automobile SOSTANZIALMENTE VA IN AVANTI, costringe le sue ruote a PARZIALI STRISCIAMENTI TRASVERSALI (come nelle derapate) con cui si costringe il CONO a comportarsi come un CILINDRO.



FINE DELL’ESPOSIZIONE TECNICA




La imprescindibilità della fortuna


Quanto finora detto, illustra solo una minima parte dei fattori che impediscono alle ruote di avere i loro assi di rotazione disposti come sarebbe teoricamente necessario per farle correttamente rotolare come cilindri (anziché averli disposti con inclinazioni creanti frenature ed abrasioni quando tali ruote vengono trascinate come coni parzialmente rotolanti). I citati fattori non riguardano una sola condizione di equilibrio dinamico, bensì una delle infinite condizioni di esercizio create sia dalla velocità, sia dalla tortuosità della strada.
Quanto ora detto, ha dunque evidenziato che la cosiddetta "messa a punto" delle sospensioni di qualsiasi automobile è sempre una SCELTA aleatoria, implicante inevitabilmente una COMPONENTE DI FORTUNA.
Tornando alle possibilità delle FERRARI di perdere oppure di vincere una corsa, si deve pertanto ben capire che le competenze tecniche tra le squadre antagoniste sono sostanzialmente uguali.
Ciò che cambia è l’INTUIZIONE di chi comanda.
Una intuizione su scelte delicatissime, su valori e cose infinitesime ed imprevedibili, la quale è GIUSTA se si è assistiti dalla FORTUNA. Per contro, essa diventa un’intuizione sbagliata se si è influenzati dalla SFORTUNA.
Da tali considerazioni ecco dunque che, ciò che fa la differenza, ciò che orienta nascostamente le intuizioni verso la vittoria o verso la sconfitta, sono i poteri esercitati sulla psiche umana dagli ARCHETIPI, ovvero dai SIMBOLI che li esprimono. Anche perché nelle gare automobilistiche sussiste un ulteriore fattore importantissimo: il comportamento dei piloti.
Un comportamento su cui non si può intervenire con mezzi materiali o razionali. Sono in gioco valutazioni, scelte, reazioni muscolari in un numero infinito e di entità infinitesime; reazioni materialmente o strumentalmente irrilevabili dalle quali dipendono i millesimi di secondo creanti la Vittoria o la Sconfitta.
Qualsiasi avvenimento o comportamento umano è sempre affidato alla razionalità, alla logica, alla concretezza materiale.
Qualsiasi avvenimento o comportamento umano è tuttavia sempre il risultato di un insieme infinito di fattori, dei quali l’essere umano riesce a vederne o sceglierne o controllarne soltanto una parte. Ciò significa che la razionalità è generalmente insufficiente a creare la certezza dell’evento.
Per questo motivo, l’esistenza umana è assistita da un’ulteriore sensibilità arcana, nascosta, inconscia, traente suoi significati compensativi dall’analisi dei significati degli archetipi, contenuti nella loro esposizione dettagliata dei valori esprimibili mediante la complessità simbolica.




Le tre modifiche miglioratrici della simbologia-Ferrari


Nel mio precedente Scritto Inumano n° 56 dell’11 dicembre 2016 avente per titolo "Simboli decisivi della gara Mercedes–Ferrari e del referendum SI–NO" avevo illustrato un confronto tra i simboli attinenti la Mercedes ed i simboli attinenti la Ferrari. Da tale confronto era emerso che i simboli della Mercedes erano "più fortunati, più vincenti" rispetto ai simboli che contraddistinguevano la Ferrari.
Poiché le tecnologie presenti nel 2016 sulle due marche erano entrambe ad un livello massimo (perciò comune), ciò che faceva la differenza tra esse era "quanta fortuna" possedevano.
Una "fortuna" che era indirettamente misurabile dalla positività dei simboli che le caratterizzavano; ovvero, che definivano la loro immagine percepita visivamente.
Poiché, presumibilmente, nel team Ferrari aleggiava la disperazione che tipicamente si presenta dopo che si è fatto tutto il possibile per ottenere un risultato che non è stato raggiunto, è probabile che qualcuno abbia preso in considerazione le mie "deliranti ipotesi".
Di fatto, nella Ferrari del campionato mondiale 2017 sono presenti modifiche rispetto all’auto del 2016. Nello specifico, la Ferrari ha apportato modifiche al suo "look" eliminando il marchio "CLARO", che avevo segnalato come inadatto ad un’automobile da corsa, ed introducendo tre simboli che, analizzati secondo i criteri esposti nel mio Scritto Inumano n° 33 "Archetiposofia: scienza della superstizione"esprimevano POSITIVITÁ, VITTORIA, FORTUNA.
Il citato marchio "CLARO" è quello visibile dalla
Figura 1 allegata al mio precedente citato Scritto Inumano n° 56.

I tre simboli positivi apposti sulla Ferrari del 2017 sono invece i seguenti.


1.
Il triangolo bianco con il quadrifoglio verde abbinato alle parole bianche Alfa Romeo.
Tale triangolo bianco è quello tipico della scuderia Auto Delta (la lettera greca delta è espressa da un triangolo…) con cui nel passato l’Alfa Romeo partecipava alle corse.
Esso è abbinato ad una dicitura AlfaRomeo scritta con la positività di caratteri bianchi aventi la "morbidità della vittoria e l’inclinazione positiva della crescita" (Vedasi
Figura 1 allegata a questo mio attuale articolo, osservando la zona della macchina vicino alla sua ruota posteriore).
Nella Ferrari del 2016 si aveva invece un logo dell’Alfa Romeo di aspetto spoglio, nel quale troneggiava la negatività della croce (Vedasi
Figura 2 allegata a questo mio attuale articolo).


2.

La grande scritta bianca in caratteri corsivi stilizzati tipica del marchio RAY-BAN (riferito alla famosa marca di occhiali da sole). Tale scritta bianca ha anch’essa "la morbidità della vittoria ed un’inclinazione positiva della crescita" sia sulle singole lettere che sull’intera parola, in modo tale da trasformare l’inclinazione positiva delle singole lettere in una verticalità "espressiva del raggiungimento degli scopi".


3.

La MODIFICA DELLO SFONDO in cui è stato INSERITO il bellissimo logo a linee morbide (tipo bandiera) formato da un concettuale quadrilatero composto da due distinte parti: una parte rossa contenente lo scudo giallo con il cavallino rampante nero, e l’altra parte bianca contenente la dicitura SCUDERIA FERRARI scritta con caratteri neri. Tale logo è bellissimo perché espressivo di una linea divisoria di esso in due triangoli, la quale esprime comunque la direzione di CRESCITA in modo eclatante.
Tuttavia, se tale logo rosso e bianco viene associato ad un colore di sfondo che è rosso (come fatto nel 2017), esso esalta la parte bianca di esso creando una "freccia con una punta verso l’alto" sinonimo di crescita, ovvero di successo.
Oltre a ciò, tale associazione ad un colore di sfondo che è rosso, consente vantaggiosamente di "mettere in ombra" il tipico emblema dello scudo con la punta all’ingiù ed il cavallino rampante che, di per sé, non sprizza positività.
Le storiche vittorie della Ferrari infatti non sono derivate da tali simboli, bensì dal suo mitico color Rosso (le rosse di Maranello…) dell’energia infuocata abbinato al giallo della vita e della gioia.
Per contro, se il citato bellissimo logo viene associato, come fatto nel perdente 2016, ad uno sfondo bianco (vedasi
Figura 3), esso esalta la parte rossa, e quindi lo scudo giallo con cavallino nero che non sono propriamente positivi.


Ecco, pertanto, come la nuova immagine della Ferrari nel campionato mondiale di Formula 1 del 2017 risulta dotata di simboli più vincenti di quelli che possedeva nel 2016.



FIGURA 1

2017




FIGURA 2

2016




FIGURA 3

2016


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