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70.
MOSE:   INVENZIONE SUBLIME, COSTRUZIONE SCELLERATA


RIASSUNTO
Tale invenzione è sublime, non solo perché risolve perfettamente il problema che l’ha ispirata, ma anche per la sua capacità di pulire le acque dei porti e delle baie.
La costruzione di essa, chiamata MOSE è invece un obbrobrio tecnico. Infatti nonostante tale costruzione sia basata su un’idea giusta, essa ha realizzato qualcosa di, talmente sbagliato, che non è credibile possa essere il frutto dei tipici errori di un generico progettista "distratto". Errori che suscitano una domanda: "Perché non è stata copiata la mia invenzione perfetta, che era legittimamente copiabile in modo gratuito"?
Se si esaminasse il MOSE a sé stante, lo si potrebbe considerare un progetto ingegneristico che, essendo una novità assoluta mondiale, è ovviamente soggetto a perfezionamenti come un qualsiasi macchinario di nuova concezione elaborato da normali tecnici.
Il MOSE che si sta costruendo a Venezia, invece, non può essere giustificato come una costruzione talmente nuova da non poter utilizzare un preesistente "Stato dell’Arte" brevettualmente inteso. Infatti, tale MOSE poteva avvalersi delle conoscenze offerte da un’altra preesistente soluzione dello stesso problema che esso era finalizzato a risolvere (l’acqua-alta di Venezia).
Tale soluzione non solo era liberamente accessibile presso l’Ufficio Centrale Brevetti di Roma, ma era stata doviziosamente illustrata in una famosissima trasmissione televisiva: il Maurizio Costanzo Show!
A seguito di ciò, l’attuale progetto del Mose in costruzione appare in tutti i suoi incredibili seguenti errori, comportanti costi decine di volte maggiori di quelli possibili con altri progetti, ma soprattutto incompatibili con un corretto funzionamento. Tali errori progettuali fondamentali sono i seguenti.
1)  L’invenzione delle paratoie ha un verso negativo che impone ad esse si sorreggere immense quantità di acqua di alta marea con la conseguenza di sovradimensionare le cerniere di fondo, sia di dover costruire paratoie di enorme grandezza (per galleggiare nonostante il peso dell’acqua che le sovrasta).
2)  Le cerniere di fondo non possono garantire alcuna ermeticità tra le due zone di mare da separare.
3)  La frammentazione della diga in tante paratoie oscillanti impone un allineamento dei loro assi che non è costruttivamente possibile e che comunque richiede faraonici preparativi di consolidamento e di planarità che sono ingiustificabili alla luce dei risultati consentiti dalla mia citata pre-esistente invenzione.
4)  Lo svuotamento dell’acqua contenuta nelle paratoie richiede valvole di fondo che impediscano all’acqua di rientrare dopo lo svuotamento: se la paratoia è una, di valvola ne serve una, ma se le paratoie sono 20, di valvole ne servono 20. Poiché le valvole (elettro-valvole) sono congegni soggetti ad avarie (specialmente se operano nell’acqua marina….), l’enormità del loro numero e la complessità dell’impianto non sono certo fattori apprezzabili. Tanto più che, il mancato sollevamento di una paratoia rende inutile il sollevamento delle altre 19.
Considerando tali fatti, l’attuale MOSE in costruzione sarebbe opportuno che venisse modificato secondo quanto suggerito dalla sua analisi critica di seguito esposta.
In termini fondamentali:

1)  va cambiata l’inclinazione delle paratoie;
2)  va creata eccentricità alle sue cerniere;
3)  vanno create battute laterali e di fondo che mantengano fisse le paratoie quando sono sollevate.
Ciò consentirebbe di recuperare quanto finora costruito unendo le paratoie in gruppi di tre (larghezza 60 metri) oppure di quattro (larghezza 80 metri) separati da quattro oppure tre strutture fisse sporgenti.

La storia
Nel passato, il fatto che a Venezia ogni tanto il livello del mare saliva fino ai marciapiedi veniva visto, generalmente, come una simpatica ed innocua attrattiva turistica.
Recentemente, invece, tale aumento di livello del mare (la cosiddetta acqua-alta) non si è limitato a lambire i marciapiedi, ma ha invaso cantine, negozi, creando danni materiali per circa un miliardo di euro.
I danni psicologici non sono ovviamente quantificabili, ma lasciano segni di tristezza e sconforto che giungono a mettere in crisi la voglia di vivere.
Da parte mia, non avendo mai avuto la calma spensierata del turista, negli anni ’90, mi resi conto che tale fenomeno dell’acqua-alta aveva aspetti drammatici, dolorosi per tanta gente del luogo.
Siccome poi a me non piace vedere gente che soffre, decisi di affrontare tale problema dell’acqua-alta di Venezia, per risolverlo definitivamente (….dimenticavo di dire che sono sempre stato uno scienziato ed inventore che trova soluzioni di problemi ritenuti  insolubili).
Così, dopo mesi di elucubrazioni, trovai la soluzione ideale: dighe capaci di sollevarsi dal fondo del mare per chiudere ERMETICAMENTE  la laguna di Venezia.
Esposi tecnicamente tale soluzione in modo da poterla brevettare, la depositai il 8.2.1993 ed il 4 marzo 1997 ottenni il brevetto N°01268540 di un METODO DI PROTEZIONE DI BACINI, INDICATIVAMENTE LAGUNE, BAIE, PORTI E MEZZI ATTUATORI DI ESSO.
Siccome in quel periodo ero già stato ospite del Maurizio Costanzo Show, proposi una mia ulteriore partecipazione per illustrare la mia invenzione.
La mia proposta fu positivamente accolta e, nella trasmissione del 10.2.1993, illustrai come era possibile salvare Venezia dall’acqua-alta.
Stranamente, la cosa sembrava che non interessasse nessuno.
Anche scrivendo a "cani e porci", non ebbi mai neanche una minima risposta di cortesia.
Pertanto, quando quattro anni dopo ricevetti l’attestato di concessione del Brevetto (vedasi Fig. 5), mi trovai di fronte ad una scelta: continuare a pagare le tasse di mantenimento in vita del Brevetto, oppure smettere di pagarle e lasciare conseguentemente che il brevetto diventasse di "Pubblico Dominio". La scelta fu molto facile: rinunciai ai miei diritti economici sul brevetto, giacché le apparenze dimostravano che esso o non era capito oppure non era ritenuto interessante.
D’altronde, avevo già avuto esperienze simili anche con altre mie invenzioni che risolvevano tanti problemi (energia, inquinamento, traffico, alluvioni, siccità, incendi, eccetera eccetera), e anche in quelle situazioni non avevo i soldi per pagare le tasse di mantenimento per i brevetti di esse.
Nel 2000, sfogliando casualmente una rivista anomala (Made in Holland, in quanto era dell’Ente Nazionale Olandese del Turismo), vidi delle illustrazioni di una diga galleggiante simile a quella da me inventata. Così appresi che, a Venezia, si stava costruendo l’attuale MOSE. Di tale rivista, la Fig. 6 mostra la sua pagina 66. In tale pagina 66 si può leggere che un primo "progetto di fattibilità" fu presentato nel 1980; che nel 1992 (dodici anni dopo…..è stato eseguito ed approvato il "progetto di massima"; che nel 1994 tale approvazione fu confermata dal Consiglio Superiore dei lavori pubblici; che nel 1998 sono stati emessi due pareri divergenti in materia di impatto delle opere sull’ambiente.
Nella Fig. 7 è riprodotta la prima pagina del quotidiano la Repubblica del 11.12.1998 nella quale si può vedere il "prototipo del Mose, la diga mobile per Venezia". Da tale figura si può chiaramente vedere quattro colonne con loro gru di sommità per sollevare le paratie. In pratica, la massima genialità progettuale del tempo era costituita da una medioevale paratoia usata nei fossi della Val Padana! Non c’è da stupirsi che le autorità preposte fossero poco entusiaste della soluzione che dovevano approvare (a suon di miliardi di lire).
Fu dunque in questo periodo travagliato, che qualcuno decise (spontaneamente o "spintaneamente" non si sa) di abbandonare l’arcaico progetto "sbarra-fossi" e di copiare la mia invenzione. Un’invenzione divulgata televisivamente cinque anni prima (10.02.1993) e da me abbandonata sia per mancanza di soldi sia per apparente mancanza di interesse delle Autorità.
Negli anni successivi alla mia constatazione di quanto mostrato dalla citata rivista, la costruzione del nuovo Mose incontrò molti problemi giudiziari. Per esempio, nel 2014, nell’ambito di un’inchiesta anticorruzione della Magistratura Italiana, ci furono 35 arresti e 100 "indagati eccellenti" per reati di "fondi neri, tangenti, false fatturazioni, corruzioni". Quantità di denaro illecito incredibili!
Ma anche queste cose mi sembrarono ovvie, risapute, normali (sono un uomo di mondo….).
Le cito, solo perché le ho apprese recentemente da Wikipedia.
Infatti, i recenti tragici livelli di acqua-alta a Venezia, avendo messo in rilievo il MOSE attualmente in costruzione, hanno posto pubblicamente in evidenza aspetti tecnici di esso che sono progettualmente sbagliati.
Tale MOSE, benché utilizzasse il validissimo concetto funzionale delle paratoie galleggianti da me inventato, lo aveva applicato in un modo grottesco: in un’industria seria, un progettista come quello che ha definito il MOSE in costruzione, sarebbe stato licenziato in tronco, cacciato con ignominia!
Tale progettista appariva infatti come "l’impiegato ideale del tipico U.C.A.S": una sigla che girava tra noi tecnici dell’Alfa Romeo (dove ho lavorato 12 anni) per ironizzare su certi progetti che ritenevamo poco funzionali.
Tale sigla significava infatti Ufficio Complicazione Affari Semplici!
Seriamente parlando, a seguito di un mio approfondimento tecnico "sul come" è stato progettato il nuovo MOSE, il giudizio che sorge spontaneamente è il seguente: tale progetto è stato fatto per rendere complicate cose semplici, per creare problemi dove non ce ne erano, per aumentare smisuratamente i costi, per rendere precaria ed inaffidabile la struttura. Ciò, anche allo scopo ovvio di far diventare il nuovo MOSE una miniera d’oro: mediante le riparazioni, le sostituzioni di strutture ed impianti, che esso avrebbe richiesto durante il suo futuro esercizio.
Poiché qualcuno potrebbe pensare che tale "obbrobrio progettuale" sia espressione della mia invenzione, intendo tutelare la mia onorabilità (si fa per dire…) sulla base del fatto che io ho il diritto ad essere riconosciuto l’inventore delle "dighe galleggianti incernierate sul fondo del mare".
Il diritto ad essere riconosciuto inventore è infatti un diritto inalienabile, il quale è distinto dal diritto alienabile di trarne profitto economico.
Pertanto, ritengo opportuno evidenziare le differenze tra la mia invenzione perfetta, geniale (al mondo non esisteva nessuna diga che scomparisse completamente sott’acqua….) e ciò che di essa è stato copiato in modo scellerato.

Aspetti tecnici
Come è noto, dopo 18 mesi dalla data di deposito della loro domanda, tutti i brevetti sono resi accessibili al pubblico.
Ciò significa che, dopo il 8.8.1994 chiunque poteva avere in mano il mio brevetto attinente le dighe galleggianti in argomento.
Nel senso che, chiunque, poteva sapere come realizzare il mio Metodo di protezione di Venezia dall’acqua alta nel modo più semplice, funzionale, economico che fosse concepibile!
Inoltre, dopo il 1998, chiunque avrebbe perfino potuto lecitamente attuarlo senza dovermi dare una lira. A tale data il brevetto era infatti giuridicamente decaduto, per mancato pagamento delle prescritte tasse del suo mantenimento in vita.
C’è dunque da chiedersi: "Perché è intervenuto l’U.C.A.S. (Ufficio Complicazioni Affari Semplici) a modificare il progetto? Perché si è voluto far costare la sua realizzazione decine di volte di più, modificandolo in modo non funzionale e con costi di esercizio prevedibilmente enormi"? Una risposta l’ha già data la Magistratura nel 2014, evidenziando una enorme corruzione. Tuttavia, un conto è rilevare episodi di corruzione, ma un altro conto è rilevare errori di progettazione. Infatti, c’è da considerare che, l’intervento dell’UCAS, non si è limitato a far aumentare i costi di un qualcosa di funzionale: l’UCAS ha progettato un qualcosa che, non funzionando nel modo ideale come dovrebbe, crea dei danni maggiori di quelli creati dall’aggravio dei costi derivante dalla corruzione.

La tenuta all’acqua
Essendo lo scopo del MOSE quello di costituire una barriera che separi il mare aperto da Venezia, tale barriera è implicito che debba offrire ermeticità.
L’attuale MOSE, invece, non offre alcuna garanzia di tale ermeticità; anzi, già da un punto di vista concettuale tale ermeticità è da escludere.
Ciò lo si può capire osservando la Figura 11 e la Figura 12. Nella Figura 11 sono concettualmente illustrate separatamente le due tipiche parti costitutive di una generica cerniera; la Figura 12 mostra tali parti unite tra esse.
Quando una "porta a cerniera" deve chiudersi in modo ermetico per isolare due luoghi adiacenti, il suo primo requisito è quello di avere il suo asse di incernieramento che sia eccentrico. Tale eccentricità è illustrata dalla Figura 13 e dalla Figura 14. In tali figure un asse di incernieramento 31 presenta due eccentricità: una prima eccentricità 32 rispetto ad un suo piano di battuta 33 presente sui due stipiti obliqui laterali 34 e 35; una seconda eccentricità 36 rispetto ad un bordo di battuta 37 parallelo all’asse 31. In tale Figura 13, la porta è sezionata (ovvero indicata con le convenzionali linee di sezione) nella sua configurazione obliqua CHIUSA. Tale porta è invece illustrata in una sua configurazione orizzontale aperta mediante una linea sottile 38 di "ingombro". Tali due configurazioni sono accumunate dalla linea arcuata "tratto due punti" avente come centro di rotazione l’asse 31.
Tale porta potrebbe pertanto esprimere la paratoia mobile galleggiante della mia invenzione. Tale Figura 13 è infatti una versione concettuale semplificata della Fig. 3, che era allegata al brevetto.
Le altre figure ufficialmente allegate al mio brevetto sono: la Fig. 1 che mostra concettualmente un’isola  quadrata (Venezia…) isolata dal mare mediante due imboccature; la Fig. 2 mostra la stessa isola in sezione ed una porta di protezione chiusa; la Fig. 4 mostra schematicamente le tre imboccature (Lido, Malamocco, Chioggia) della laguna Veneta con i flussi di lavaggio di essa mediante le porte di cui in argomento.
Nel MOSE in costruzione, le paratoie (o porte di chiusura) sono prive del piano di battuta 33. Tali paratoie sono infatti libere di oscillare nella loro disposizione obliqua. Tale piano di battuta è invece presente nella mia invenzione, ed è illustrato dalla Fig. 3, dalla Figura 13 e dalla Figura 14.
Con riferimento alle Figure 11 e 12, si può notare una cerniera del tipo adottato per il MOSE in costruzione. In essa si può vedere come, da un fondale marino 39, si erga una parte "femmina" 40 alloggiante in un suo foro 41 il perno 42 di una parte "maschio" espressa da una porta 43, o paratoia oscillante.
Nella Figura 12, si può vedere anche un livello 44 di mare-aperto che è più in alto rispetto ad un livello 45 di mare-laguna indicato alla sinistra della citata porta 43.
L’insieme delle due parti maschio e femmina illustrate nella Figura 12 costituisce una delle due cerniere che equipaggiano ogni paratoia oscillante del MOSE in costruzione.
Per analizzare i concetti teorici, notoriamente presenti in ogni cerniera, le due parti "femmina" 40 e "maschio" 42, illustrate assemblate nella Figura 12, sono disegnate nella Figura 11 in una configurazione "sfilata", utile per illustrare le loro specifiche forme concettuali.
Si può innanzi tutto comprendere che, quando il perno 42 è infilato nel foro 41 (per far ruotare angolarmente la porta galleggiante 43 dei circa 45° previsti nella configurazione emersa), tra esso e tale foro si crea necessariamente un "gioco" (spazio, fessura…). Altrimenti la cerniera non funziona: le due parti rimarrebbero fisse, incastrate l’una sull’altra.
Ecco dunque che in tale "gioco" può infiltrarsi l’acqua marina e passare liberamente dal "mare aperto" al "mare-laguna". Per analoghe ragioni di scorrevolezza, un "gioco" deve sussistere anche tra il bordo mobile 46 inferiore della porta 43 ed il piano teorico fisso del fondale marino 39.
Anche attraverso tale gioco può infiltrarsi l’acqua marina mettendo in comunicazione i differenti livelli del mare-aperto e del mare-laguna. Come in tutte le cerniere semplici (come quella presente sul MOSE in costruzione) esiste un contatto di sfregamento tra le superfici piano-parallele 47 costitutive dei fianchi della cerniera. Tali superfici sono quelle che, nel caso delle usuali porte domestiche sorreggono il peso di esse mediante reciproco strisciamento.
Anche attraverso tale tipo di "gioco" può infiltrarsi l’acqua.
Per evitare tali giochi, nel MOSE in costruzione sarebbero necessarie "tolleranze di accoppiamento" estreme, le quali non sono applicabili a parti le cui dimensioni gigantesche sono espresse in metri!
In alcune di tali superfici "sfreganti" potrebbero essere applicate guarnizioni di tenuta, ma sarebbero "acrobazie progettuali" costosissime quanto inaffidabili.
Dove c’è un incernieramento di una paratoia divisoria, l’unica soluzione concettualmente perfetta è quella di adottare un asse di incernieramento 31 che sia parallelo ed eccentrico al piano di chiusura o piano di battuta 33 (Figure 13 e 14), come appunto è espresso dalla mia invenzione.
Quando esiste tale "piano di battuta", il contatto, tra la periferia della porta ed il piano contro cui essa appoggia, può avvenire in modo continuo: come se la porta avesse perifericamente una sua cornice rettangolare ininterrotta.
In tale soluzione progettuale caratterizzante la mia invenzione, il ruolo della cerniera viene escluso dalla funzione di tenuta alle infiltrazioni del fluido. Inoltre, anche i due lati 48, 49 della porta non sono striscianti rispetto ai piani laterali fissi 50 e 51 della struttura: tra tali parti potrebbe sussistere una distanza anche di un metro. Infatti l’isolamento tra i due livelli di mare aperto e di mare della laguna, avviene solo con contatto tra i piani paralleli 52 della porta e 33, 53 della struttura fissa. Le superfici di contatto da cui deriva una chiusura stagna sono infatti solo quelle dei bordi che in Fig. 14 sono graficamente distinti da ghirigori, che potrebbero essere considerati espressivi di una semplice guarnizione fissata in una delle due parti con una geometria ad U.
Il concetto di "piano di battuta" lo si può capire facilmente guardando lo sportello di chiusura di qualsiasi frigorifero.
Si può infatti vedere che, la sua tipica cornice di gomma magnetizzata, non giace in un usuale piano radiale, bensì tangenziale, staccato, eccentrico rispetto a dove sono posizionati i due perni verticali di incernieramento dello sportello di tale frigorifero. Tale concetto teorico del piano tangenziale è noto sin dall’antichità.
Questa soluzione progettuale, di trarre ermeticità mediante contatto ininterrotto di una cornice rettangolare su un suo piano di appoggio, è quella adottata dalla mia citata invenzione brevettuale.

Peraltro una cornice che, invece di avere quattro lati, ne richiede solo tre (forma ad U).
Ciò è quanto visibile anche dalla Fig. 3, illustrante una paratoia mobile 10, sezionata con un piano teorico verticale e trasversale (nel verso cioè in cui l’acqua del mare entra nella laguna di Venezia).
Tale paratoia galleggiante è disposta obliquamente ed ha il suo perno di incernieramento 11, posto in basso, che è eccentrico rispetto ad uno stretto piano obliquo 13. Tale stretto piano obliquo costituisce lo stipite laterale su cui appoggia la periferia rettangolare della paratoia (che, essendo preposta a chiudere l’imboccatura, è perciò molto larga e disposta orizzontalmente). Ciò significa che una guarnizione 16 (sezionata, paragonabile alla guarnizione di gomma presente sulle porte dei frigoriferi) può essere interposta tra la paratoia mobile (la porta molto larga disposta trasversalmente e quindi orizzontalmente) ed il suo piano obliquo fisso di appoggio 13 (paragonabile all’usuale stipite laterale fisso o battente della porta).
In questo modo, quando la paratoia (porta) è chiusa, dai suoi bordi non trafila neanche una minima quantità di acqua, neanche nel caso di strutture grossolane, cioè economiche. Pertanto, con tale tecnica delle porte tangenziali ad incernieramento eccentrico, si possono ottenere tenute ermetiche ideali anche con parti meccaniche poco precise. Peraltro, come si vede dalla citata Fig. 3, il livello 18 del mare esterno (mare aperto) indicato sulla destra è più alto del livello 17 del mare interno della laguna (indicata a sinistra). Ciò significa che, con tale soluzione tecnica, si può utilizzare la stessa spinta ascensionale di galleggiamento della paratoia per "schiacciare" staticamente la guarnizione 16, fino a realizzare una tenuta all’acqua che sia perfetta.

Aspetti tecnici della mia invenzione
La Fig. 3 dimostra che la paratoia galleggiante tangenziale illustrata è tecnicamente perfetta e di costo minimo.
Tuttavia, tale Fig. 3 potrebbe essere poco chiara per chi non conosce le regole convenzionali del disegno meccanico. Conseguentemente ritengo che, quanto finora detto riferendomi alla Fig. 3, potrebbe essere più facilmente compreso mediante il disegno concettuale prospettico della Figura 14.
In tale Figura 14 si può vedere una grande struttura 55 avente la forma di una larghissima "U". Tale grande struttura 55 è preposta a contenere una sola paratoia 56, larghissima quanto l’imboccatura che deve chiudere. Come se fosse una nave posta di traverso, tale paratoia potrebbe essere larga 50 metri, ma potrebbe essere larga anche 300 metri come una grande nave. Il paragone con una nave è volto a far comprendere il seguente fatto. Costruire in un cantiere navale una semplicissima paratoia parallelepipeda di un centinaio di metri insieme alla sua grande struttura 55 conformata ad U sulla quale è incernierata, per poi vararla in mare come fosse una nave, è un’attività estremamente più facile di quella richiesta per costruire una nave. Tanto più che tale "insieme paratoia 56 – grande struttura 55", sarebbe già completo e funzionante; esso richiederebbe di essere affondato per appoggiare sul fondo del mare, senza richiedere alcun consolidamento dal costo miliardario. Tanto meno, richiederebbe i rifacimenti da "alta orologeria svizzera" richiesti dal MOSE in costruzione per consentire l’allineamento degli assi delle sue paratoie ad oscillazione continua!
Tornando al citato disegno semplificato prospettico di Fig. 14, la larga paratoia 56 (10 in Fig. 3) è illustrata con una inclinazione di parziale apertura (ovvero, non è né chiusa né aperta).
Nella Fig. 3 invece, la paratoia 10 è nella configurazione di chiusura, rilevabile dal fatto che risulta sollevata dal suo stesso galleggiamento incernierato, per essere spinta ad appoggiare contro i due stipiti laterali obliqui 13 (33 nella Fig. 14).
Riferendoci alla Fig. 3, c’è da notare che le "strane" tubature 24, 25, 26 visibili nella parte superiore della paratoia 10 sono disegnate per evidenziare al massimo i concetti alla base della loro funzionalità. Infatti come già detto, tale Fig. 3 è una delle figure depositate brevettualmente per illustrare l’invenzione; in altre parole, la forma che appare può essere diversa se dovesse essere valutata esteticamente.
Peraltro, tali tubazioni sarebbero presenti solo alle due estremità laterali della larghissima paratoia 10 (56 in Figura 14); ovvero che esse sono, di fatto, poco appariscenti.
In ogni caso, dalla Fig. 3 si può vedere che una pompa 27 può aspirare l’acqua o dalla tubazione 25 che penetra all’interno della paratoia 10 fino al fondo, oppure può aspirare da un’altra tubazione 26 che ha la sua estremità di ingresso 26A immersa nel lato esterno del mare aperto (livello più in alto).
La possibilità di usare la tubazione 25 oppure la tubazione 26 è stabilita mediante una usuale valvola 28. Tale valvola è attivabile elettricamente, ma anche manualmente in caso di guasto elettrico, giacché è sempre "in vista", cioè sempre fuori dall’acqua e pertanto accessibile a qualsiasi operaio.
La "zona di mandata" della citata pompa 27 può far uscire l’acqua aspirata in due luoghi: o in una tubazione 24 che invia tale acqua all’interno della porta per riempirla fino a farla affondare per disporla orizzontalmente sul fondo del mare; oppure, può farla uscire da un condotto di mandata 30, gettandola direttamente sulla superficie del mare 17 (livello del mare interno o della laguna).
Anche tale scelta è realizzata da una apposita usuale valvola 29 che può chiudere o aprire l’una o l’altra delle uscite disponibili: sia con comando elettrico da lontano, sia con comando manuale diretto in caso di avaria dell’impianto elettrico.
In pratica, quando si deve far abbassare la paratoia si attiva la pompa 27 aspirando acqua dal mare mediante la tubazione 26 ed introducendola all’interno della paratoia mediante la tubazione 24.
Quando invece si deve far emergere la paratoia 10 per impedire l’accesso dell’alta marea nella laguna, si attiva sempre la stessa pompa 27, facendogli però aspirare l’acqua contenuta all’interno della paratoia mediante la tubazione 25, per poi scaricarla in mare attraverso il condotto di mandata 30 della pompa 27.
Da notare che tale pompa 27, con le sue citate tubazioni, è presente ai due lati della porta- paratoia galleggiante 10; ciò significa che, periodicamente, si potrebbero fare operazioni di manutenzione senza interrompere mai il funzionamento della paratoia.
Quanto finora esposto ha illustrato la mia invenzione, ovvero il modo in cui le dighe mobili avrebbero dovuto essere costruite. Ovvero, avrebbero potuto essere liberamente costruite avendo io, come già detto, rinunciato ai miei diritti brevettuali non pagando le dovute tasse di mantenimento.

Come è fatto il MOSE in costruzione
Esaminiamo ora come sono fatte le paratoie del Mose attualmente in costruzione.
La loro tenuta è inesistente, perché il loro incernieramento di fondo è generico e concettualmente uguale a quello della Figura 12. Tale incernieramento non è eccentrico come quello delle porte dei frigoriferi, ovvero come quello illustrato dalle Figure 3, 13, 14. Le paratoie del MOSE in costruzione infatti non appoggiano su stipiti laterali e nemmeno su battute di fondo. Esse sono libere di oscillare continuamente per effetto del moto ondoso! Ciò significa che tali paratoie hanno i loro bordi laterali, lunghi oltre 20 metri, che "si sfiorano". Per fare ciò, ed impedire all’acqua di infiltrarsi, la planarità di tali bordi dovrebbe essere perfetta.
Tale planarità perfetta è meccanicamente impossibile, per le seguenti ragioni.
Le citate paratoie mobili sono costruzioni scatolari disomogenee; infatti, esse sono realizzate con lamiere di acciaio dotate necessariamente di rinforzi perpendicolari interni, finalizzati a ridurre le deformazioni create dalle molteplici sollecitazioni meccaniche, i quali impediscono rigorose planarità alle superfici esterne. Tra le tali sollecitazioni sono segnalabili le seguenti.
Una cerniera di fondo con perni di estremità, deve reagire alle sollecitazioni flessionali create da Spinte Risultanti contrapposte, espresse dalla forza-peso della parte emersa e dalla spinta idrostatica di galleggiamento esercitata dall’acqua sulla parte immersa: forze verticali contrapposte, con le forze componenti che sono distanziate tra esse.
Altro esempio di sollecitazione deformante tutta la struttura della paratoia è quello di una cerniera che, quando la parte superiore della paratoia riceve il movimento orizzontale di onde che la colpiscano obliquamente, crea reattivamente una torsione.
Un ulteriore esempio di fattori che impediscono la realizzazione di una planarietà perfetta sui fianchi delle paratoie oscillanti è espresso dalle differenti dilatazioni termiche della struttura.
Non solo per effetto della sua citata disomogeneità interna, ma per il fatto che la sua superficie è in parte a contatto dell’acqua e, per un’altra parte, è a contatto dell’aria.
L’acqua e l’aria sono infatti due elementi che sono sempre dotati di temperature mutevoli e differenti tra essi e, perciò, creanti dilatazioni differenti che deformano irregolarmente la struttura.
Anche in termini di lavorazioni meccaniche nelle fasi costruttive, va considerata la legge universale che, le precisioni massime, sono possibili solo su pezzi piccoli. Parlare di precisione riferendosi alla struttura di paratoie mobili avente lati di oltre 20 metri, significa riferirsi a tolleranze dimensionali di molti millimetri.
Ciò significa che, pretendendo dalle singole paratoie di acciaio (oscillanti ed affiancate tra esse) uno sfioramento tra i loro bordi piani e paralleli, è implicito che tra tali piani dei loro bordi sussista una certa distanza dell’ordine di almeno 1 cm.
Una distanza di 1 cm presente su una lunghezza di 20 metri crea una fessura avente una sezione di 1 centimetro per 2.000 centimetri, ovvero di duemila centimetri quadrati; una sezione equivalente ad un buco rettangolare di 20 centimetri per 1 metro entro il quale l’acqua del mare esterno può penetrare nella laguna dove c’è Venezia.
Se poi consideriamo che di paratoie ce ne sono circa 20 per ogni diga, i citati 2.000 centimetri quadrati diventano un "buco" di 40.000 centimetri quadrati cioè un varco di quasi mezzo metro esteso per dieci metri.
Difficile pensare che, con un varco simile, le paratoie possano separare i due livelli del mare esterno e del mare interno.
In poche ore l’alta marea esterna invaderebbe tutta Venezia come fa attualmente.
Un modo per evitare tale "difetto" potrebbe essere quello di equipaggiare i bordi verticali di acciaio delle paratoie oscillanti con elementi gommosi di tenuta che, come tutte le guarnizioni idrauliche, possono elasticamente ridurre a zero i giochi tra le parti.
Anche ammettendo tale soluzione posticcia, si hanno comunque degli elementi di tenuta idraulica che sono soggetti a continui sfregamenti, dovuti alle onde con fronte obliquo rispetto alla linea di affiancamento delle dighe. Tali onde, infatti, scorrendo trasversalmente sulla parte emersa della diga, investirebbero le singole paratoie una dopo l’altra. Ovvero, abbasserebbero una paratoia mentre quella precedentemente investita si rialzerebbe per effetto del suo galleggiamento. Ciò significa pertanto che, tali guarnizioni elastiche posticce, sarebbero soggette ad un lavorìo usurante che le danneggerebbe in tempi rapidi, imponendo una loro costosa sostituzione che potrebbe creare anche problemi attuativi (dipende da come siano progettate….).
Sorge comunque una domanda: "Per quale ragione si dovrebbe adottare tale soluzione con guarnizioni laterali, che è semplicemente assurda, considerando che la diga illustrata dal mio brevetto (Figure 3, 13, 14) offre una tenuta perfetta senza alcuna guarnizione in sfregamento, perché fissa e non soggetta ad alcuna oscillazione"?
Il problema dello strisciamento continuo, tra superfici che dovrebbero assicurare una tenuta idraulica contro l’infiltrazione di acqua, non coinvolge soltanto i due bordi verticali piano-paralleli laterali delle singole paratoie galleggianti; tale problema coinvolge anche il loro lato orizzontale di estremità di fondo, il quale è sempre immerso. Tale lato orizzontale è quello in cui sono presenti le cerniere, costituite da una zona mobile e da una zona fissa; tali zone sono identificabili nel bordo mobile inferiore semi-cilindrico 46 e nel fondale marino 39 (o simile) cooperante con la sua planarità.
Anche in tale lato orizzontale di base della cerniera si ha, pertanto, la necessità di creare giochi minimi tra corpi mobili giganteschi in movimento reciproco. Giochi minimi che non possono essere ridotti a zero.
Pertanto, o tali giochi lasciano passare l’acqua dall’ambiente a pressione idrostatica maggiore (mare aperto) all’ambiente con pressione idrostatica minore (acque basse della laguna, ipoteticamente isolate da un precedente sollevamento della diga), oppure vengono eliminati con l’interposizione di elementi striscianti costruiti in materiale elastico-gommoso.
Nella mia invenzione brevettata, invece, anche tale problema non esiste. In essa si ha infatti una paratoia che preme in modo statico su una guarnizione perimetrale fissa: piani laterali 33 degli stipiti e piano 53 di fondo presente sulla grande struttura fissa 55 (vedasi Figura 14).
Le tre piccole figure presenti in alto a destra sulla pagina 66 della citata rivista "olandese" sono state ricopiate con disegni più chiari mediante le Figure 7, 8, 9. Da tali figure è deducibile il particolare che, lo svuotamento dell’acqua contenuta nelle paratoie del Mose in costruzione avviene dal basso: mediante iniezione di aria compressa nella zona di incernieramento.
Ciò presuppone che tale iniezione di aria compressa avvenga in un foro di fondo della paratoia che sia posto su una superficie cilindrica di essa (come la porta 43 schematizzata nelle Figure 11 e 12). Tale fatto implica pertanto che, anche tale fondo 46 di forma semi-cilindrica della cerniera, richiede superfici di strisciamento finemente lavorate e precise (COSTOSE!).
Presuppone pure che, gli apparati elettromeccanici di iniezione dell’aria, siano sempre alloggiati sui basamenti sommersi di fondo (alloggiamenti-gallerie che, nei citati piccoli disegni sono espressi da un quadratino bianco): una collocazione ….non propriamente comoda per eventuali interventi di manutenzione e/o riparazione!

L’errore di adottare tante paratoie
Oltre ai citati inconvenienti, nel MOSE in costruzione si ha quello di frazionare la lunghezza della diga in una molteplicità di paratoie indipendenti oscillanti, comportante il seguente grave rischio. Se una delle venti paratoie non si sollevasse regolarmente, per un ipotetico guasto del compressore o delle valvole distributrici responsabili dell’espulsione dell’acqua dall’interno di ogni singola paratoia, si concretizzerebbe un varco largo venti metri che renderebbe inutili le altre 19 paratoie funzionanti!
Peraltro, un guasto del genere è stato riferito dalle cronache televisive a giustificazione di un ritardo nell’esperimento avvenuto nei primi giorni di dicembre; un esperimento che, chissà perché, è avvenuto di notte quando la visibilità è scarsa…..Scarsa, ma sufficiente per vedere che l’esperimento riguardava solo il sollevamento di alcune paratoie per un breve tempo e non riguardava minimamente lo sbarramento di un’alta marea, né la verifica dell’ermeticità di tale sbarramento.
Un altro aspetto che si potrebbe eufemisticamente definire "curioso" se non si volesse usare il termine grottesco, riguarda il seguente fatto.
Sebbene fosse stato già deciso che il MOSE andava costruito, a Venezia furono fatti imponenti (miliardi di lire….) lavori per rialzare tutte le zone "insulari", in modo che se il livello dell’acqua-alta fosse stato esiguo, i marciapiedi e le costruzioni edili potevano rimanere all’asciutto. Domanda ingenua: ma se da un momento all’altro "sarebbe stato operativo il MOSE, che necessità c’era di "sollevare" Venezia? Non bastava tenere basse le acque con il MOSE? Evidentemente c’era qualcuno che non contava molto sull’efficienza del MOSE. Come mai?
Al di là di tale ipotesi pessimistica, la scelta di effettuare lo svuotamento delle singole paratoie piene di acqua mediante espulsione creata da ARIA COMPRESSA, suscita delle perplessità per i suoi elevati costi.
Nel senso che lo svuotamento delle paratoie non è assoggettato a particolari urgenze come nei sommergibili! Cinque minuti in più o in meno non inficiano la sua funzionalità! Specialmente se si considera che tale svuotamento, con aria compressa si dice che richieda 30 minuti di tempo complessivo.
A giustificazione della citata perplessità, c’è poi un’altra semplice ragione: l’energia richiesta da ipotetiche pompe idrauliche è meno della metà dell’energia richiesta (per effettuare uno stesso svuotamento di acqua contenuta in un serbatoio) dall’impiego di aria compressa (come avviene nelle paratoie del Mose in costruzione).
Per comprimere l’aria è infatti necessario effettuare un ciclo termodinamico, il quale richiede la inevitabile perdita energetica connessa al fatto che, qualsiasi compressione di gas, genera calore. Un calore che fa innalzare la temperatura del gas compresso e che fa disperdere energia termica verso masse esterne più fredde. In parole povere: grande spreco di energia!
In pratica non si è considerato che le pompe idrauliche hanno un rendimento energetico maggiore dei compressori. Inoltre, esse operano in modo diretto, mentre i compressori operano in modo indiretto, giacché comprimono l’aria che verrà poi utilizzata per espellere l’acqua dalle paratoie.
Peraltro, non è trascurabile il fatto che, i costi di un impianto semplicemente idraulico sarebbero la metà della metà di un impianto pneumatico.
Il costo delle pompe idrauliche è talmente basso che avrebbe reso possibile impiegare anche due, tre o più pompe idrauliche, con alimentazioni elettriche (e/o motori a scoppio) molteplici in modo che, anche l’eventuale avaria di una pompa, non avrebbe impedito il necessario svuotamento delle paratoie, portato a termine dalle altre pompe funzionanti.
Nel caso del MOSE in costruzione, mi è parso di capire (dalle brevi interviste televisive concesse dagli addetti ai lavori) che ogni diga abbia soltanto un proprio mega-compressore, il quale svuota la paratoia distribuendo la sua portata con una molteplicità di mezzi distributori: tale fatto potrebbe costituire un ulteriore aspetto negativo, dipendente dalla tipologia di tali mezzi distributori adottati (conoscibili solo da dettagli del progetto non disponibili al pubblico).

Perché è stato necessario consolidare i fondali in modo esagerato
Un aspetto "interessante" del MOSE in costruzione è quello che appare alla voce MOSE di Wikipedia al paragrafo "Controversie".
Dalla riga 7 si legge:

"Le critiche riguardano anche l'impatto ambientale  negativo dell'opera alle bocche di porto, interessate da una complessa attività di livellamento (in quanto le dighe richiedono che il fondale sia perfettamente piano) e rafforzamento dei fondali lagunari per accogliere le paratoie (che dovrebbero essere ancorate al suolo attraverso migliaia di piloni di  calcestruzzo armato che dovrebbero affondare diversi metri sottoterra), ma anche….."

In quanto sopra esposto da Wikipedia, le sottolineature le ho fatte io. Infatti, dallo scritto potrebbe apparire che il livellamento del fondo marino ed il suo rafforzamento con migliaia di piloni di cemento armato (visibili in basso a sinistra nella illustrazione grande di Fig. 6), sia una cosa ovvia o normale, mentre non è affatto così.
Tali interventi sono invece la conseguenza inevitabile di un gravissimo errore progettuale: quello di concepire uno sbarramento alle alte maree attuato da decine di paratoie che siano mobili l’una rispetto all’altra!
Per capire tale fatto, è necessario ritornare al concetto precedentemente illustrato dello sfioramento tra i bordi piano-paralleli delle paratoie.
Uno sfioramento che è "garantito" teoricamente dalle "graziose cerniere" impiegate.
Nel citato articolo su Wikipedia si legge che l’elemento maschio (perno 42 nella Figura 11) ha un’altezza di 3 metri, un peso di 10 tonnellate ed è fissato alla paratoia (porta 43); l’elemento femmina (40 in Figura 11) ha un’altezza di 1,5 m (?...) un peso di 25 tonnellate ed è fissato al cassone di alloggiamento (fondale marino 39 in Fig. 11). Si ha poi un "gruppo di aggancio" che unisce maschio e femmina.
Si legge inoltre che si hanno due cerniere per ogni paratoia cosicché, sono necessarie 156 cerniere, più ulteriori elementi di riserva!
Ma la domanda è: "Queste cosucce economiche (milione di euro in più, milione di euro in meno non ha importanza: tanto a pagare sono i cittadini italiani….) sono oggettivamente indispensabili, oppure sono semplicemente una necessità imposta da un errore progettuale di base"?
La risposta esatta è la seconda, ed è una risposta facile, anche se non pare che l’abbiano capito in tanti…..
Il nocciolo della questione sta nel concetto teorico della cerniera.
La cerniera è un dispositivo meccanico generalmente usato in coppia con un’altra cerniera (per esempio, le comuni finestre e porte domestiche hanno una cerniera in alto ed una in basso; qualche volta ne hanno una terza al centro).
Tutte le cerniere impiegate hanno lo scopo di far muovere una struttura (la porta) rispetto ad un’altra struttura fissa ruotando attorno ad UN ASSE (31, nelle Figure 11, 13, 14). Tutte le cerniere devono essere cioè allineate in modo che TUTTE abbiano lo STESSO asse di rotazione. L’asse di rotazione 31 è un elemento astratto, assolutamente rettilineo, che viene concretizzato dall’asse geometrico delle forme cilindriche di un perno-maschio (42, Figure 11, 12) angolarmente scorrevole, circonferenzialmente coniugato in un foro-femmina 41. Due ipotetiche cerniere, quali sono quelle montate su ogni paratoia del MOSE in costruzione, che fossero disposte con i propri due assi che non siano coincidenti, NON POSSONO RUOTARE.
Una porta che avesse le sue due cerniere con assi non coincidenti, ovvero che non avessero il loro asse teorico 31 in comune, non potrebbe girare: rimarrebbe bloccata. Se la sua rotazione venisse forzata essa creerebbe deformazioni, rotture, schianti.
La domanda inquietante è: "Le cerniere delle paratoie del Mose in costruzione, sono in grado di offrire tutti i loro 40 assi totali, sulle 20 paratoie costitutive di ogni diga, che siano TUTTI perfettamente COINCIDENTI in un SOLO ASSE DI INCENIERAMENTO (31) TEORICAMENTE INDISPENSABILE?
Possono averlo se tali cerniere sono piccole e se sono ancorate a parti indeformabili comuni.
Nel caso del MOSE in costruzione, invece, si hanno strutture lunghe 20 metri che sono vincolate a propri cassoni appoggiati sul fondo del mare…..
Ecco dunque perché le migliaia di pali conficcati sotto i cassoni di supporto delle paratie! Ecco dunque perché tali cassoni dovevano essere appoggiati su un fondo del mare che fosse perfettamente piano!
Ma tutta questa buona volontà di far funzionare le cerniere, sarà sufficiente a creare la citata precisione di coincidenza tra tutti gli assi di tutte le 40 cerniere?
Bastano pochi millimetri di scostamento e la struttura della paratoia, in sollevamento da galleggiamento, tali millimetri se li prende di prepotenza deformando le parti interessate dal movimento: sollecitando con sforzi di rottura le parti coinvolte per allinearle.
Poiché le paratoie sono sollecitate a muoversi angolarmente in modo continuo (!), ogni loro impedimento alla rotazione costituirebbe una sollecitazione che, se esigua, diventerebbe una "sollecitazione di fatica" (WOOLER) che prima o poi schianterà le cerniere male allineate. Se invece tale sollecitazione fosse notevole, essa impedirebbe o ritarderebbe il sollevamento o l’abbassamento di qualche paratoia a causa dei grandi attriti creati dai grandi sforzi di spostamento angolare.
Ecco pertanto che, il problema creato dalla molteplicità delle paratoie non è solo quello della tenuta idraulica: c’è un problema di fondo, inteso proprio nel senso letterale del termine. Cassoni di fondo che non potranno mai offrire le precisioni stabili teoricamente richieste alla geometria delle parti, nonostante i costi stratosferici degli interventi fatti. Interventi, che avrebbero potuto essere evitati con una diga monolitica, come quella proposta dalla mia invenzione ed illustrata nelle Figure 3, 13, 14.

Perché l’inclinazione delle paratoie è sbagliata
Se i difetti finora elencati dovessero sembrare pochi, si può aggiungere il seguente.
Il MOSE in costruzione presenta un altro grave difetto: le sue paratoie si sollevano dalla superficie del mare con una inclinazione negativa, come quella delle spiagge.
Ciò è quanto si può vedere dal disegno a colori (rendering) presente nella citata rivista olandese (disegno ovviamente fornito dagli addetti ai lavori del MOSE), qui allegato mediante la Fig. 6.
Con tale disposizione negativa delle paratoie si consente al livello dell’acqua in aumento, creato dalle maree, di disporsi al di sopra della paratoia obliqua. Ciò, mentre il livello delle acque della laguna risulterebbe posizionato sotto tale massa di acqua marina. Tale fatto è visibile nella Fig. 6, osservando la collocazione delle diciture "Laguna" a sinistra, e "Mare" a destra.
In questo modo, le paratoie sono assoggettate a sollecitazioni enormi. Sollecitazioni che possono essere supportate solo da paratoie estremamente rinforzate, sovradimensionate, super pesanti, super costose.
Per evitare tale problema, sarebbe bastato adottare paratoie inclinate in senso contrario, con una loro inclinazione fissa e stabilita da una apposita inclinazione di stipiti laterali di battuta: cioè come illustrato dalle Figure 3, 13, 14 espressive della mia invenzione.
La citata scelta irrazionale dell’inclinazione negativa, tipo spiaggia (ovvero che consente alle onde di risalirla) comporta, dunque, paratoie molto più grandi e pesantissime. Paratoie che, dovendo essere mobili mediante incernieramento sul fondo del mare, richiedono conseguentemente cerniere altrettanto robuste, ovvero enormi ed estremamente costose. Cerniere che, peraltro, non si limitano a consentire una semplice escursione angolare di 45° (dalla posizione orizzontale adagiata sul fondo alla posizione obliqua operativa), ma a dover continuamente muoversi in avanti ed indietro per effetto delle azioni di ogni onda che investe le paratoie. Ciò richiede pertanto non solo cerniere enormi, ma anche cerniere a grande scorrevolezza, ad alta tecnologia, per limitare le inevitabili usure: fatalmente richiedenti la loro periodica sostituzione o revisione!
La citata inclinazione negativa delle paratoie del Mose in costruzione comporta dunque il gravissimo danno di dover costruire paratoie molto grandi (e perciò molto, molto più costose). La ragione di tale necessità è illustrata nella Figura 12. In tale figura si può vedere che, quando c’è l’alta marea espressa dal livello 44, al di sopra della paratoia 43 inclinata negativamente grava una enorme quantità di acqua dannosa. Tale quantità è evidenziata dalle tante brevi linee formanti un "triangolo rettangolo" con la punta rivolta verso il basso. Considerando che la sezione di tale triangolo potrebbe essere anche di dieci metri quadrati, il volume dell’acqua gravante sulla lunghezza di venti metri di ogni paratoia, sarebbe di 200 metri cubi, ovvero 200 tonnellate di acqua. Tale enorme peso dell’acqua si aggiunge alle forze intrinseche agenti sulle paratoie, creando in tal modo immense sollecitazioni, che devono essere supportate dalle cerniere!
Ecco dunque il perché le cerniere delle paratoie, sono così gigantesche! Se l’inclinazione delle paratoie avesse avuto un verso contrario, tali forze non ci sarebbero state ed i costi sarebbero stati estremamente minori. Minori, perché il sollevamento di paratoie con inclinazione negativa comporta il sollevamento (assurdo) della citata immensa quantità di acqua dannosa indicata nella Fig. 12. Siccome tale sollevamento è realizzato dal galleggiamento delle paratoie, ecco che esse devono essere ingigantite proprio per poter sollevare tale ingiustificata quantità di acqua!

La delittuosa rinuncia al ricambio delle acque lagunari
Peraltro, la realizzazione di dighe galleggianti come quelle da me inventate (Figure 3, 13, 14) avrebbe offerto un vantaggio preziosissimo: quello del ricambio automatico delle acque inquinate della laguna di Venezia con acque pulite. Infatti, come indicato dal verso delle frecce presenti in Fig. 4, sarebbe stato sufficiente far entrare in laguna le acque pulite da una bocca (per esempio abbassando le paratoie di Lido e mantenendo sollevate le paratoie di Malamocco e di Chioggia) e farle poi uscire da un’altra bocca (per esempio, abbassando le paratoie di Chioggia mantenendo sollevate le paratoie di Malamocco e di Lido).
Si sarebbe in tal modo realizzata nella laguna una corrente marina con velocità prestabilita. Una corrente che avrebbe utilizzato proprio le maree per attuare la pulizia sistematica della Laguna.
Un altro vantaggio offerto dalla mia invenzione (e non consentito al progetto dell’attuale MOSE in costruzione) è che, la sua paratoia mobile "a porta di frigorifero" offre una chiusura ermetica alle acque esterne senza limiti di tempo.
Una ermeticità non possibile con le paratoie del MOSE in costruzione, a causa delle infiltrazioni di acqua sia tra le paratoie, sia tra queste ed i cassoni di base che le supportano.
Si ha dunque che, anche nell’ipotesi del pessimistico sprofondamento di Venezia, non si verificherebbe nessuna catastrofe, giacché le citate tre grandi dighe (Lido, Malamocco, Chioggia) avrebbero consentito alla laguna qualsiasi minimo livello delle acque ritenuto adeguato. In altre parole, la costruzione delle dighe da me inventate avrebbe potuto consentire a Venezia di rimanere sempre al di sopra del livello del mare anche se essa sprofondasse di un metro (senza dover innalzare di un metro tutti i marciapiedi di Venezia…..).
Le mie invenzioni, derivando da mie severe analisi critiche, esprimono la soluzione ideale di un problema, cosicché generalmente esse sono invenzioni poco perfezionabili.
Come per esempio è avvenuto con la "Tecnica delle Trivellazione Posteriori", da me inventata (anche se praticamente nessuno lo sa) e con cui negli anni 2000 si è evitato l’incombente crollo della Torre di Pisa. Infatti, con tale mia invenzione si è scoperto il modo di mantenere l’inclinazione della Torre sempre ai livelli che garantiscono la sua stabilità; e ciò, anche nell’ipotesi di qualsiasi nuovo cedimento delle fondazioni di essa.

I vantaggi della paratoia unica della mia invenzione
Come già detto, la soluzione ideale per creare una diga mobile per galleggiamento è quella di una "paratoia-porta" orizzontale con incernieramento sul fondo secondo il noto principio dell’eccentricità dell’asse e con inclinazione positiva (opposta rispetto a quella del MOSE in costruzione).
Con tale tecnica si possono realizzare dighe estremamente economiche, larghe anche più di cento metri e con loro spessori di 5 metri.
Per motivi precedentemente esposti, esse sarebbero assoggettate a sollecitazioni estremamente minori rispetto alle dighe del tipo con cui si sta attualmente costruendo il MOSE. La loro resistenza a flessione per le grandi distanze tra gli appoggi laterali può essere tratta in vari modi: sezione interna strutturata secondo le notorie forme delle travi a T, per aumentare il momento di inerzia fino ai valori necessari; impiego nelle superfici assoggettate a trazione di lamiere in acciaio inossidabile (avente resistenza doppia rispetto alle lamiere usuali).
Tali "grandi" distanze tra le due estremità di ogni paratoia è peraltro esigua, dovendo di fatto essere maggiore della larghezza delle grandi navi da crociera (che è tipicamente inferiore ai 50 metri).
Tale larghezza della paratoia (preposta a sbarrare ognuna delle tre imboccature di accesso del mare alla laguna) deve essere considerata, perché la costruzione di essa va realizzata in un cantiere navale. La paratoia viene infatti costruita "all’asciutto" (come una nave) insieme alla sua base di incernieramento che va appoggiata sul fondo del mare. L’insieme-paratoia, già incernierato alla sua base, va infatti costruito in un cantiere e poi varato (cioè fatto scivolare nel mare) come una qualsiasi nave. Poi, viene trasportato come fosse una chiatta sul luogo dove deve essere posizionato e, qui, calato sul fondo del mare riempiendo di acqua la paratoia trasportata.
La struttura è autonoma, cosicché il consolidamento del fondo con cemento idraulico è finalizzato soprattutto ad evitare feritoie subacquee che potrebbero mettere in comunicazione le due zone di mare: verso la laguna o verso il largo.
Ovviamente, tale "sigillatura" riguarderebbe anche le due estremità verticali della grande struttura su cui è incernierata la paratoia, ovvero gli "stipiti" laterali.
In questo modo, è evidente che la costruzione e l’installazione delle paratoie di cui alla mia invenzione avverrebbe in tempi brevissimi. Inoltre essa avverrebbe a costi che sarebbero la metà della metà della metà della metà (diciamo 1/10) dei costi relativi al MOSE in costruzione.
Infatti, tutto è più funzionale e semplice. Le stesse cerniere di fondo (più piccole, più spartane, operative solo per i pochi minuti necessari al sollevamento ed all’abbassamento delle paratoie) sono installate in cantiere in numero molto maggiore della tipica coppia indispensabile; si avrebbe così una funzionale distribuzione delle sollecitazioni meccaniche, in ragione della maggiore precisione con cui esse potrebbero essere posizionate lavorando in un cantiere navale.
Dal confronto tra le paratoie da me inventate e quelle in costruzione per il MOSE, il difetto intrinseco di queste ultime di essere mosse continuamente dal moto ondoso è dimostrato (qualora ce ne fosse bisogno….) dal fatto che esso è stato percepito in tutta la sua gravità.
Insieme al MOSE è stata infatti costruita la apposita scogliera frangiflutti davanti alla bocca di porto di Chioggia; tale scogliera è visibile dal citato articolo di Wikipedia, mediante la foto posta di fianco al paragrafo "Cerniere".
Nelle paratoie inerenti la mia invenzione, invece, le tre lunghe porte possono avere un peso praticamente NULLO, giacché tale loro peso viene bilanciato dalle spinte ascensionali attuative del loro galleggiamento.

Conclusioni
Sarebbe opportuno che i lavori dell’attuale Mose venissero fermati, perché nel tempo ipotetico necessario alla sua messa in opera, si fa in tempo a costruire in un cantiere navale le paratoie da me inventate e ad installarle, con costi inferiori a quelli necessari al completamento di esso. In questo modo si eviterebbero infatti gli immensi costi di manutenzione e riparazione che sono ragionevolmente da mettere in conto se il MOSE in costruzione venisse posto in esercizio.
Peraltro, c’è il sospetto che l’avvenuto spostamento continuo, verso un futuro sempre più lontano della data di operatività del MOSE, sia solo un modo per non dover dimostrare TUTTI I SUOI DIFETTI PROGETTUALI.
In alternativa a tale drastica proposta, si potrebbe valutare la possibilità più moderata di MODIFICARE QUANTO È STATO FATTO, per ADATTARLO alla mia invenzione; tale possibilità è illustrata negli aspetti tecnici indicati nel Riassunto posto all’inizio di questo mio Scritto N°70.
















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