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64.

METODO PER LA PULIZIA DELL’ARIA DA POLVERI E DA SOSTANZE CHIMICHE INQUINANTI IN AREE URBANE, INDUSTRIALI, DOMESTICHE, E SUO DISPOSITIVO ATTUATORE.



Riassunto

Questo metodo per la pulizia dell’aria da polveri e da sostanze chimiche inquinanti in aree urbane, industriali e domestiche consiste nell’impiego di dispositivi comprendenti ventilatori interni aspiranti aria inquinata esterna per investire con essa grandi superfici bagnate da acqua pulita introdotta nei citati dispositivi per cadere su di esse.
Tale acqua pulita ingloba in tal modo le micro particelle sospese nell’aria, diventando così acqua sporca e lasciando proseguire l’aria resa pulita dal suo scorrimento sulle citate grandi superfici fino ad uno specifico foro preposto alla sua uscita dal dispositivo.
L’acqua sporca così risultante viene poi raccolta e smaltita all’esterno del dispositivo in luoghi eliminanti la nocività delle sostanze in essa presenti.
I citati dispositivi attuatori del Metodo di cui all’invenzione possono essere sia piccoli per pulire l’aria di ambienti chiusi (appartamenti domestici, uffici, centri commerciali), sia grandi e di concezione modulare per pulire le immense quantità di aria che sovrastano le città ed i grandi impianti industriali.



Polveri e sostanze presenti nell’aria

Questa invenzione si riferisce ad un metodo universale per asportare polveri sottili e sostanze nocive dall’aria, ed al suo dispositivo attuatore; tale dispositivo costituisce un filtro-aria di nuova concezione.
Come è noto, le moderne indagini cliniche hanno consentito di evidenziare danni alla salute creati dalla presenza nell’aria di polveri e sostanze inquinanti.
Tali sostanze inquinanti possono essere generate da industrie chimiche e vengono generalmente disperse nell’aria, generando le tipiche puzze misteriose e nauseabonde nei territori vicini a tali industrie chimiche.
Infatti esse, essendo presenti allo stato di piccole molecole gassose non sono convenientemente filtrabili. Oltre a tali gas tossici, nell’aria sono presenti anche polveri di varia natura e grossezza. Ciò è stato scoperto anche a seguito della possibilità di utilizzare microscopi elettronici, che hanno consentito il rilevamento di particelle piccolissime, altrimenti invisibili con i microscopi ottici.
Si è così potuto rilevare che, oltre a sostanze chimicamente nocive, nell’aria è sempre presente un insieme polveroso di particelle sospese, aventi varie grandezze, che sono genericamente denominate "particolato" e che non sono eliminabili con i filtri usuali.
Detto particolato viene anche comunemente identificato con i termini di Particolato Sospeso, Pulviscolo Atmosferico, Polveri Sottili (PM abbreviazione delle parole inglesi Particulate Matter), Polveri Totali Sospese (PTS). Tutti questi termini definiscono l’insieme delle sostanze sospese nell’aria: fibre di varia natura comprese quelle di amianto, di vetro, particelle carboniose, metalli, silice, elementi liquidi e solidi.
Detto particolato è attualmente considerato l’inquinante più pericoloso delle aree urbane; esso è composto da particelle disperse nell’atmosfera aventi il cosiddetto "diametro aerodinamico equivalente" che può essere compreso da pochi miliardesimi di metro (nanometri) a mezzo millimetro.
Questi aggregati di elementi costitutivi del particolato possono avere un’origine naturale, oppure possono derivare dall’attività umana.
Quelli di origine naturale costituiscono circa il 90% dell’insieme.
Tali elementi naturali comprendono polvere, terra, sale marino sollevati dal vento, fumi creati dagli incendi, microrganismi, polline e spore, particelle derivanti dall’erosione delle rocce o dalle eruzioni vulcaniche, polvere cosmica.
Il restante 10% del particolato è invece creato dall’attività umana domestica o industriale e include gran parte degli inquinanti atmosferici. Esso è creato dai gas di scarico dei motori a combustione interna (automobili, autocarri, aeroplani), dalla combustione inerente il riscaldamento domestico (gas, gasolio, carbone, legna), dagli inceneritori, dalle centrali elettriche, dalle industrie siderurgiche, dal fumo di tabacco.
Esso è creato anche da altri fattori: usura delle strade, dei freni e dei pneumatici delle automobili; lavorazioni meccaniche nelle industrie, nei cementifici, nei cantieri, nell’agricoltura.
Il particolato generato dalle combustioni è noto come "particolato carbonioso", perché il maggiore costituente è il carbonio; esso risulta particolarmente pericoloso quando deriva da materie plastiche, perché può risultare associato a sostanze tossiche residue della loro combustione (diossina, composti organici volatili).
Il particolato è generalmente classificato in base alla grossezza delle sue particelle; il cosiddetto "particolato grossolano" è generalmente sedimentabile e, avendo dimensioni superiori ai 10 micron, può difficilmente penetrare nell’apparato respiratorio.
Il particolato di dimensioni inferiori, invece, può penetrare nell’apparato respiratorio fino agli alveoli: specialmente se esso è del tipo "fine" PM, e del tipo "ultrafine" UFP o UP, ed è quindi in grado di creare gravi danni alla salute.



In attesa del  vento e della pioggia

Per ridurre la pericolosità del citato particolato, attualmente non esiste alcun mezzo tecnologico: si può solo sperare che arrivino vento e pioggia.
Ciò è dimostrato dal fatto che, per tentare di ridurre la sua presenza nelle città, periodicamente le amministrazioni pubbliche decretano il blocco del traffico automobilistico urbano; in questo modo, però, si interviene solo su una sua fonte generatrice con effetti che sono concretamente irrilevanti sull’aria e con la generazione di malumore in una parte della cittadinanza.
Benché i moderni veicoli siano dotati di filtri attivi anti-particolato, vi sono fondati sospetti (Centro Ricerche Euron-Agip Petroli) sulla possibile formazione di polveri fini, ultra-fini e nano-polveri, che tali filtri anti-particolato emetterebbero soprattutto nelle fasi di rigenerazione periodica.
È invece specificamente appurato che la quantità di particolato presente nell’aria viene drasticamente ridotta dalla pioggia.
La pioggia ha infatti la capacità di inglobare le particelle sospese nell’aria e trasformarle, oppure trasportarle al suolo, oppure di inglobarle con altri materiali.
La pioggia conferisce alle particelle sospese altre dimensioni o proprietà, tali da rimuoverle dall’aria e collocarle al suolo in sostanze o in luoghi che le privano della loro pericolosità.
La pioggia infatti è costituita da gocce d’acqua che cadono ad alta velocità e consentono con il loro urto contro il particolato, di far superare a questo la loro tensione molecolare superficiale e di penetrare così all’interno di esse, che diventano pertanto gocce d’acqua inglobanti il particolato.
La pioggia, tuttavia, è un fenomeno di enorme portata che interessa generalmente migliaia di chilometri quadrati con enormi quantità di acqua: elementi, questi, talmente grandi che non consentono certo di creare la pioggia in modo artificiale.
L’estensione territoriale, la quantità di acqua, la grande velocità con cui far sbattere il particolato contro l’acqua, sono cioè tre elementi che, le attuali conoscenze tecniche e scientifiche, non sono attualmente in grado di fornire. Per lo meno, in termini di economicità e di rispetto della natura, ipotizzando un impiego delle notorie tecniche di creazione artificiale di pioggia mediante ghiaccio secco, ioduro d’argento, cloruro di sodio.
Tali tecniche di pioggia artificiale, peraltro, sono tutte basate sulla capacità di costituire nuclei di attrazione di piccole molecole di acqua circostanti ad essi, fino alla creazione di un volume di goccia che sia idoneo a precipitare, anziché restare sospeso come vapore.
Ciò significa che, tali tecniche, richiedono la presenza di specifiche condizioni meteorologiche con aria adeguatamente umida che sono fuori dalla possibilità di controllo umano: basti considerare i danni che gli uragani infliggono continuamente negli USA. Ciò infatti avviene nonostante il fatto che gli USA, facendo esperimenti sulla pioggia artificiale da oltre mezzo secolo, anche per fini militari, siano la nazione più all’avanguardia in tali ricerche.
Oppure, basti considerare i ricchissimi "Paesi Arabi" che hanno territori aridi in cui la pioggia è rarissima e che avrebbero largamente i mezzi "per comperarla" se qualcuno fosse in grado di fornirgliela.
Esclusa da quanto ora premesso la possibilità di ricorrere volontariamente alla benefica azione della pioggia, si può meglio comprendere l’importanza di eventuali altre modalità che fossero finalizzate alla pulizia dell’aria ambientale.



Cosa ci sarebbe da fare

Scopo della presente invenzione è quello di definire un metodo universale per la eliminazione delle polveri sottili e degli altri inquinanti chimici dell’aria.
Altro scopo della presente invenzione è quello di definire un metodo universale idoneo alla asportazione del particolato e di altre sostanze inquinanti presenti nell’aria che possa utilizzare sia l’acqua allo stato liquido, sia altri liquidi compositi chimicamente neutralizzanti le sostanze tossiche.
Altro scopo è quello di definire un metodo universale, come sopra, che sia praticamente idoneo per qualsiasi tipo di particolato: naturale e artificiale, piccolo e grande.
Altro scopo è quello di definire un metodo universale, per ridurre il particolato, come sopra, che sia realizzabile con bassi costi.
Altro scopo è quello di definire un metodo universale, per ridurre il particolato come sopra, che sia applicabile sia in località urbane che in aree industriali.
Altro scopo è quello di definire un procedimento universale del tipo citato che possa essere attuato mediante dispositivi per pulire volumi di aria adeguabili al grado di inquinamento delle varie zone urbane
Altro scopo è quello di definire un dispositivo, come sopra, che possa essere impiegato per l’asportazione dall’aria di qualsiasi sostanza estranea.
Altro scopo è quello di definire un dispositivo, come sopra, che possa essere collegato ad altri dispositivi e costituire concettualmente un Modulo combinabile con un numero illimitato di altri dispositivi, per trattare i volumi di aria immensi inerenti le città.
Altro scopo è quello di definire un dispositivo ad uso domestico, preposto alla pulizia della sola aria presente in locali abitati.



L’invenzione che risolve il problema

Questi ed altri scopi appariranno come raggiunti dalla lettura della descrizione dettagliata seguente illustrante un metodo per la pulizia dell’aria da polveri e da sostanze chimiche inquinanti in aree urbane, industriali e domestiche consistente nell’impiego di dispositivi comprendenti ventilatori interni aspiranti aria inquinata esterna per investire, con essa, grandi superfici bagnate da acqua pulita introdotta nei citati dispositivi per cadere su tali superfici.
Tale acqua pulita ingloba in tal modo le particelle sospese, diventando così acqua sporca e lasciando proseguire l’aria investente le citate grandi superfici fino ad uno specifico foro di uscita dal dispositivo.
L’acqua sporca così risultante viene poi raccolta e smaltita all’esterno del dispositivo, in luoghi eliminanti la nocività delle sostanze in essa presenti.
I citati dispositivi attuatori del Metodo di cui all’invenzione possono essere sia piccoli ed essere usati per pulire l’aria di ambienti chiusi (appartamenti domestici, uffici, centri commerciali), sia grandi e di concezione modulare per pulire le immense quantità di aria che sovrastano le città ed i grandi impianti industriali.
L’invenzione è illustrata, a titolo puramente esemplificativo ma non limitativo, dalle seguenti figure delle quali:

  • la Fig. 1 mostra schematicamente con vista laterale un dispositivo realizzatore del metodo, il quale è sezionato per mostrare come un flusso di aria sporca in entrata si trasforma in un flusso di aria pulito in uscita;


  • la Fig. 2 mostra schematicamente con vista dall’alto l’unione di tre dispositivi accomunati modularmente da un impianto di immissione di acqua pulita per sottrarre all’aria le sue particelle inquinanti e per la eliminazione di esse insieme all’acqua che le ha inglobate;


  • la Fig. 3 mostra schematicamente la sezione di un dispositivo collocato su un piano di appoggio secondo una vista frontale relativamente al verso in cui viene soffiata l’aria all’interno di esso, per evidenziare una modalità di immissione dell’acqua pulita in cooperazione con un ingresso di aria sporca proveniente da destra (guardando il disegno) e con un’uscita di aria pulita espulsa dal lato sinistro di tale dispositivo.




Descrizione concettuale dell’invenzione

Con riferimento alle sopra citate figure si possono più facilmente comprendere i principi alla base dell’invenzione.
La comune esperienza pratica ha dimostrato in modo incontestabile che dopo giornate di pioggia il pulviscolo tipicamente presente nell’aria subisce notevoli riduzioni. Anche i gas tipicamente affini all’acqua (come per esempio l’anidride carbonica gassosa che si trasforma in acido carbonico liquido) subiscono significative e benefiche riduzioni.
Peraltro, le comuni conoscenze di cronaca stabiliscono che, la generalità delle metropoli di ogni parte del mondo sono oppresse da un’aria estremamente inquinata: principalmente a causa del traffico automobilistico ed a causa del riscaldamento invernale degli edifici.
In ogni caso, tale inquinamento pericoloso per la salute aumenta la sua intensità proporzionalmente a prolungate assenze di pioggia.
L’evidenza dei fatti dimostra che tale problema è senza soluzione, giacché riguarda anche le nazioni più ricche e le più tecnologicamente evolute.
Da questi due elementi risulta ovvio che, di fatto, tale problema potrebbe essere risolto da uno "scontro violento" tra aria inquinata ed acqua.
Poiché per i motivi citati è impraticabile la realizzazione di piogge artificiali, l’invenzione qui presentata ha rovesciato il problema.
Nel senso che essa non si basa su gocce di acqua ad alta velocità che investono l’aria come fa la pioggia, bensì si basa su uno scontro tra masse d’aria che si muovono ad alta velocità ed investono gocce di acqua sostanzialmente ferme.
Ciò è reso possibile dalla costruzione di speciali dispositivi consistenti ognuno in una camera, indicativamente parallelepipeda per esprimere anche una sua capacità di congiungersi modularmente ad altre camere analoghe. All’interno di tale camera opera un ventilatore che aspira aria dall’esterno e la soffia contro una massa di intermediazione, facilmente attraversabile orizzontalmente e dotata di una enorme superficie ricoperta di acqua fatta cadere su di essa.
In questo modo si ha che, il flusso di aria inquinata continua nel suo moto concettualmente rettilineo che gli fa attraversare il volume della massa bagnata e, nel contempo, l’acqua pulita fatta cadere sopra la citata massa per bagnarla prosegue in un suo moto verticale di caduta.
La citata massa facilmente attraversabile dall’aria, è dotata di una grande permeabilità anche nei riguardi di acqua pulita in caduta su di essa.
Tale acqua pulita è pertanto soggetta a scendere dalla sommità della forma posseduta dalla citata massa di grande permeabilità, fino alla base di essa.
Poiché tale discesa dell’acqua pulita richiede tuttavia un certo tempo (da alcuni secondi ad alcuni minuti, dipendentemente dalle prestazioni richieste al dispositivo pulitore), di fatto tale acqua viene esposta al flusso dell’aria sporca cosicché, al termine dell’attraversamento, essa diventa acqua sporca.
Un’acqua sporca che contiene tutto il particolato e le sostanze inquinanti sottratte all’aria sporca.
Come risultato di tale attraversamento della massa bagnata si ha, dunque, un’aria che entra sporca e prosegue nel suo moto orizzontale come aria pulita. Nel contempo, si ha un’acqua che entra pulita dall’alto e prosegue in un suo moto verticale di caduta verso il basso, diventando progressivamente acqua sporca.
L’aria così pulita può conseguentemente essere re-immessa all’esterno. Oppure, essa potrebbe essere inviata ad un ulteriore ciclo di pulizia effettuato in modo simile da un altro dispositivo modulare attiguo, predisposto in sequenza operativa per trattare l’aria con altri specifici liquidi solventi inglobanti.
L’acqua sporca, invece, può essere convogliata verso appositi serbatoi di raccolta, per un suo usuale trattamento di bonifica che la privi delle sue sostanze inquinanti (filtrazione, decantazione, flocculazione chimica eccetera) e, così, essere nuovamente riutilizzata come acqua pulita.
L’acqua pulita di cui al processo sopra citato può essere dunque prelevata da varie "fonti", a seconda della disponibilità di acqua presente nel territorio in cui è ubicata l’aria da ripulire.
Poiché è istintivo pensare ad una utilizzazione della pioggia, ritengo opportuno evidenziare che tale utilizzazione avviene spontaneamente: nel senso che quando piove, la pioggia provvede a pulire l’aria ed il citato impianto di purificazione dell’aria, essendo modulare, può essere utilizzato in modo parziale, al fine di risparmiare parte dell’energia richiesta dal suo funzionamento (ventilatori, pompe, come si potrà meglio capire dall’ulteriore descrizione, qui di seguito esposta).
L’aspetto fondamentale dell’invenzione è quello che la quantità di acqua utilizzata per pulire l’aria è molto inferiore a quella richiesta alla pioggia. Infatti, la pioggia è costituita da gocce di forma sferoidale che, per catturare le particelle materiali presenti nell’aria, utilizzano solo la loro metà sferoidale inferiore.
Tali gocce si muovono infatti per caduta, cosicché la superficie superiore di ogni goccia non viene coinvolta dagli urti con le particelle sospese nell’aria.
Tale superficie che ogni goccia sferoidale utilizza per inglobare le particelle inquinanti costituisce, peraltro, una minima parte di quella avvolgente il volume della goccia.
Nel senso che, la quantità di acqua presente in una goccia, potrebbe teoricamente essere distesa in piano, a formare un "velo molecolare sottilissimo", avente una superficie decine di volte maggiore della citata superficie semisferica della zona inferiore di una goccia d’acqua in caduta libera.
Ciò è quanto realizza appunto l’invenzione qui presentata, la quale non utilizza la velocità dell’acqua in caduta nell’aria, bensì utilizza una prestabilita velocità dell’aria per investire superfici dure ricoperte da un sottile "velo d’acqua" quasi fermo.
Tale velo d’acqua, muovendosi all’interno di una massa materiale a grande permeabilità, è infatti soggetto a scendere lentamente "passando da un ostacolo all’altro" presentato dalla specificità costitutiva delle forme interne della citata massa a grande permeabilità.
Questo comportamento reciproco, tra flusso di aria sporca e superficie acquosa di inglobamento distesa sopra le forme solide degli interstizi presenti all’interno della citata massa a grande permeabilità, offre il vantaggio di poter variare la velocità di scorrimento dell’acqua. Per tale ragione, una specifica quantità di acqua di inglobamento potrebbe essere utilizzata sia in modo da essere sporcata molto esponendola a grandi portate d’aria, sia in modo da essere sporcata poco esponendola al transito di piccole quantità di aria.
A parità di portata del flusso dell’aria che lambisce una uguale estensione della superficie del velo d’acqua inglobante, più il citato velo d’acqua trapassa velocemente la citata massa a grande permeabilità durante la sua discesa per gravità, meno particelle inquinanti esso ingloba o cattura.



Il "cuore" dell’invenzione

Per comprendere meglio tale proprietà può risultare utile definire un esempio di cosa si intende per "massa a grande permeabilità".
Ipotizziamo pertanto che tale massa abbia la forma di un cubo dotato di un metro di lato, e che possieda pertanto il volume di un metro cubo.
Un cubo che potrebbe essere costituito dall’assemblaggio di sei quadrati di lamiera del tipo a "rete stirata", ovvero dotata di una superficie formata da grandi fori romboidali.
Supponiamo che tali fori siano di una grandezza che impedisca la fuoriuscita da essi di usuali "palline da ping-pong", aventi tipicamente un diametro di quattro centimetri.
Tali palline risultano particolarmente adatte in ragione del fatto che, la loro sfericità, offre una bassa resistenza aerodinamica.
Ipotizziamo dunque di riempire il citato contenitore cubico avente lati di un metro con tali palline da ping-pong.
In un metro lineare trovano posto venticinque sfere che abbiano un diametro di quattro centimetri;   in   un cubo  avente  lati  di  un  metro  possono  dunque  essere  contenute    25 x 25 x 25 = 15.625   palline da ping-pong.
Ognuna di tali palline ha una superficie di (pi greca per diametro elevato al quadrato) 3,14 x 4 x 4 = 50,2 centimetri quadrati. L’insieme delle citate 15.625 palline possiede pertanto una superficie di 50,2 x 15.625 = 784.375 centimetri quadrati, equivalenti a 78,4375 metri quadrati.
Ecco dunque che, una "massa a grande permeabilità" avente il volume di un metro cubo, può esporre ad un flusso di aria sporca che la attraversi una superficie di settantotto metri quadrati (un rettangolo lungo dieci metri e alto otto metri…).
Immaginando poi che sopra tale cubo venga fatta gocciolare dell’acqua, si può comprendere come sia facile bagnare tutte le palline in poco tempo, a causa degli spostamenti delle gocce d’acqua effettuati dall’attraversamento del cubo da parte del flusso di aria soffiata su di esse.
Ovvero, come sia facile disporre di una enorme superficie bagnata capace di intrappolare, con il suo sottile "velo d’acqua", le particelle inquinanti presenti in grandi volumi di aria. Volumi di aria che sono spostabili con grandi velocità (sufficienti a fornire la necessaria energia cinetica alle particelle o molecole inquinanti da inglobare) mediante le grandi e tipiche portate offerte da normali ventilatori, siano essi "ad elica" oppure siano essi "centrifughi".
L’esempio di una massa a grande permeabilità espresso dal cubo riempito di palline di ping-pong è stato ritenuto idoneo per poter avere un "ordine di grandezza" delle superfici interne offerte dalla generalità delle "masse a grande permeabilità" adottate dal metodo di pulitura dell’aria di cui all’invenzione.
Inoltre, tale esempio è idoneo ad esprimere una massa dotata della tipica bassa resistenza aerodinamica offerta dalle superfici sferiche. Prescindendo dal citato esempio, va rimarcato che tali masse a grande permeabilità possono essere realizzate in moltissimi modi e materiali. La scelta di tali modi dipende da una molteplicità di valutazioni sulla loro durata, sul loro grado di permeabilità, sul loro costo, eccetera.
Tuttavia, un aspetto costruttivo fondamentale delle citate masse a grande permeabilità è quello che il loro materiale non deve avere forme geometriche che facciano ristagnare l’acqua su di esse, né avere capacità idrofila (fibre vegetali) che faccia ad esse assorbire l’acqua, bensì sempre una capacità di repulsione di essa. L’acqua deve, cioè, semplicemente scorrere facilmente nel materiale costitutivo della massa a grande permeabilità. L’acqua deve scivolare sulle superfici in cui viene fatta cadere, perché essa deve trasportare verso il basso le particelle inquinanti, da essa inglobate mentre scende verso il basso attraversando la citata massa.
Tale massa a grande permeabilità, benché svolga un’azione filtrante, agisce in un modo diverso da quello degli usuali filtri. Infatti, i filtri trattengono lo sporco su di sé e lasciano passare il fluido pulito; la massa a grande permeabilità deve invece rimanere pulita e lasciar passare il liquido sporco. La citata massa a grande permeabilità deve cioè "produrre acqua che sia più sporca possibile, per creare aria che sia la più pulita possibile".
Ciò premesso, si può pertanto comprendere come la citata massa a grande permeabilità sia realizzabile in innumerevoli modi. Per esempio, pezzi di plastica tritata con pezzature irregolari di varia grandezza, ottenuta da oggetti di qualsiasi tipo contenuti all’interno di forme geometriche preposte ad essere attraversate dal flusso di aria da ripulire.
Altro esempio: bobine o rotoli di rete metallica o di plastica, con maglie di grandezza opportuna e avvolte per offrire distanze di utile permeabilità tra i piani curvati delle citate reti arrotolate.
Altro esempio: pacchi di reti piane rettangolari sovrapposte a realizzare grandi masse permeabili di forma parallelepipeda.
Altro esempio: contenitori a superficie geometrica dotata di fori idonei ad esprimere la grande permeabilità richiesta e preposti ad essere riempiti di sassi e/o pietrisco di adeguata pezzatura, e riempiti perfino di usuale argilla espansa qualora fosse richiesta una grande leggerezza (installazione dei moduli su alti edifici).
Altro esempio: tale massa potrebbe essere espressa da palle di polistirolo espanso aventi diametro ritenuto ottimale tra costi e prestazioni.
Altro esempio: tale massa potrebbe essere espressa da materiali chimicamente molto affini a sostanze tossiche specifiche da rimuovere dall’aria, ma idonei nel contempo a far scorrere su di sé l’acqua e/o altri liquidi inglobanti come già specificato.



La quantità di aria da pulire

Come già accennato, l’invenzione è finalizzata alla pulitura di immense quantità di aria quali sono quelle sovrastanti le grandi città o metropoli. Come ordine di grandezza, le più importanti città italiane hanno estensioni superiori ai dieci chilometri e quindi una superficie maggiore di 10 x 10 = 100 chilometri quadrati, che in metri quadrati sono 10.000 metri x 10.000 metri = 100.000.000 metri quadrati (cento milioni di metri quadrati). Ipotizziamo, poi, che tali città siano sovrastate da un’aria stagnante (quella che si ha quando c’è completa assenza di vento) ed inquinata che si debba ripulire. Ragionevolmente, è pensabile che la vita metropolitana si svolga fino ad un’altitudine di trenta metri (un palazzo di dieci piani).
La quantità di aria da ripulire è cioè quella espressa da un gigantesco prisma quadrato alto trenta metri e che ha un volume di 100.000.000 x 30 = 3.000.000.000 (tre miliardi) di metri cubi.
Si può da ciò capire che, un’invenzione preposta a tale pulitura, è opportuno che sia modulare, in modo che possa esprimersi con tante unità operative collocate diffusamente nel territorio cittadino.
Tale collocazione impone pertanto ai citati moduli (o dispositivi di pulitura) una struttura che sia idonea a proteggere i suoi organi meccanici ed elettrici dalle intemperie climatiche (forti piogge, neve, venti fortissimi).
Da quanto detto, la pulitura dell’aria di una grande città come Milano o Roma, coinvolge una quantità di aria che, come ordine di grandezza, è di tre miliardi di metri cubi.
Cerchiamo dunque di comprendere come, l’invenzione qui presentata, possa rapportarsi con tale grande quantità di aria.
Innanzi tutto si deve considerare un modo che consenta ai dispositivi attuativi dell’invenzione di essere distribuiti sul citato territorio urbano.
Relativamente a questa problematica, possiamo dividere il territorio urbano utilizzando le stesse divisioni che su di esso vengono effettuate dalle grandi arterie viabilistiche, ovvero dalle strade ai lati delle quali sorgono le case ed i palazzi.
Le distanze tra le varie vie sono notoriamente diverse tra esse, cosicché per avere una divisione approssimata dell’estensione della generalità delle città possiamo ipotizzarle come un grande quadrato, diviso da ipotetiche vie in tanti quadrati più piccoli aventi 100 metri di lato. Cioè come se tutte le vie fossero perpendicolari tra esse e distanti 100 metri una dall’altra.
In base a tali ipotesi, la citata ipotetica estensione di un’area urbana espressa da un quadrato di 10.000 metri di lato (cioè 10 chilometri) conterrebbe 100 vie parallele e altrettante vie parallele e perpendicolari.
Poiché ogni via è lunga 10.000 metri, duecento vie (100 + 100 vie trasversali) avrebbero una lunghezza complessiva di 2.000.000 di metri (due milioni di metri, cioè duemila chilometri).
Queste ipotetiche vie potrebbero essere percorse ciascuna da una fila di dispositivi modulari di cui all’invenzione.



Quanti dispositivi pulitori sono necessari

Come nelle usuali vie ci sono file di lampioni preposti alla loro illuminazione, così in esse potrebbero essere collocate file di dispositivi pulitori dell’aria.
Ipotizzando una presenza di dispositivi pulitori che sia di uno ogni 4 metri, possiamo calcolare quanti moduli sarebbero necessari per pulire la citata città quadrata avente dieci chilometri di lato.
Dividiamo pertanto i citati 2.000.000 metri per i 4 metri di distanza tra i moduli: otteniamo 500.000 moduli.
Ciò significa che in tale città potrebbero essere collocati cinquecentomila dispositivi modulari.
Tali dispositivi potrebbero avere grandezze o capacità di pulitura molto differenziabili, nel senso che potrebbero avere sia le piccole dimensioni di una usuale panchina urbana, (lunga due metri, alta 1 metro e larga 1 metro), sia le dimensioni di grandi "cabine" aventi lati anche di una decina di metri. Tali dispositivi traggono la loro funzione pulitrice da ventilatori centrifughi, i quali notoriamente sono offerti dal mercato con potenze di qualsiasi entità, cosicché le cifre qui riportate hanno una funzione puramente indicativa o generica, finalizzata a far comprendere un ordine di grandezza che rientra nella ordinaria fattibilità, industriale o impiantistica.
Ipotizziamo pertanto che ogni modulo pulitore utilizzi un normale ventilatore centrifugo avente una potenza di 3 kW capace di generare un flusso di aria alla pressione di 200 millimetri di colonna d’acqua e con una portata di 5.000 metri cubi ogni ora.
Possiamo così chiederci quanta aria pulirebbero in un’ora i citati cinquecentomila dispositivi necessari.
Per avere tale risposta è sufficiente moltiplicare la portata di un singolo modulo (5.000 metri cubi all’ora) per i cinquecentomila moduli.
Risulterebbe così 5.000 x 500.000 = 2.500.000.000 = due miliardi e 500 milioni di m 3 d’aria.
Considerando che l’aria sovrastante per un’altezza di trenta metri la città considerata consisteva in tre miliardi di metri cubi, si può sostanzialmente dire che la pulizia di tutta la città richiederebbe una sola ora.
Le cifre sopra indicate sono ovviamente riferite ad una inesistente condizione di massima criticità. Infatti, non si ha alcuna necessità di pulire TUTTA L’ARIA delle città in un’ora! Nel senso che se l’impianto di pulitura lo si facesse operare per una giornata il numero delle pompe centrifughe impiegate o la loro potenza risulterebbe 1/24 dei numeri indicati (cioè ventiquattro volte meno).
Se poi si ipotizza di far operare l’impianto di pulizia dell’aria per un mese le cifre indicate potrebbero essere 24 x30 = 720 ore mensili, cioè praticamente 1/1000 dei numeri indicati (cioè mille volte di meno) e pertanto sarebbero necessari solo 500 dispositivi.
Se addirittura tale impianto di purificazione dell’aria funzionasse ininterrottamente, la citata pulizia dell’aria delle città avverrebbe in un numero di ore annuali uguale a 24 ore giornaliere x 365 giorni dell’anno = 8.760 ore, approssimabili in 10.000 ore.
CIÒ SIGNIFICA CHE LE CIFRE SOPRA INDICATE POTREBBERO ESSERE DIVISE PER 10.000, E PERTANTO I CITATI DISPOSITIVI NECESSARI POTREBBERO ESSERE, INVECE DI 500.000 MILA, SOLTANTO  500.000 : 10.000 = 50 (CINQUANTA).
Se infine consideriamo il fatto che le condizioni standard dell’aria delle città sono considerate "vivibili" (ovvero non pericolose per la salute) pur contenendo notevoli quantità di inquinanti, la citata cifra di 50 dispositivi pulitori dell’aria potrebbe essere ulteriormente ridotta.



In poche parole indiscutibili


Concretamente parlando, un solo dispositivo pulitore dell’aria RIDUCE le sostanze nocive presenti in essa; più dispositivi pulitori dell’aria vengono installati, più l’aria risulterà pulita. Questa considerazione ovvia è riferita al fatto che, le amministrazioni pubbliche, hanno l’obbligo di non far superare all’aria specifiche soglie di inquinamento (polveri sottili), e quindi di RIPULIRLA della sola quantità di inquinanti ECCEDENTI il valore tabellare prescritto.
Tali considerazioni sono finalizzate a mostrare la concreta applicazione industriale dell’invenzione e quindi la sua utilità.
Le citate grandi differenze delle cifre stanno infatti a dimostrare che, l’installazione dei citati grandi insiemi di dispositivi modulari preposti alla pulizia dell’aria, è una cosa realisticamente funzionale e facilmente fattibile.
Fattibile, perché tali dispositivi sono modulari e, pertanto, sono operativi indipendentemente dal loro numero. Nel senso che se sono pochi puliscono l’aria POCO, se sono tanti, puliscono l’aria TANTO. Ciò significa che l’aria di una città potrà diventare PROGRESSIVAMENTE SEMPRE PIÚ PULITA man mano che vengono installati tali dispositivi di pulizia, compatibilmente con i costi sostenibili dalle amministrazioni finanziarie delle città.
Anche un solo dispositivo di pulizia dell’aria non può che RIDURRE l’inquinamento esistente, cosicché inizialmente si potrebbero installare dispositivi pulitori solo nelle zone delle città dove l’aria ha l’inquinamento massimo.
Al di là della ovvietà sopra citata, la possibilità di utilizzare anche un solo dispositivo pulitore indipendente, costituisce un aspetto importante dell’invenzione, perché la rende applicabile anche all’interno delle abitazioni private. Nel senso che aspira l’aria sporca dell’ambiente domestico, la pulisce, e la reimmette di nuovo nell’ambiente domestico: in continuo, con un consumo energetico minimo e con grande silenziosità.
Peraltro, tale impiego domestico del dispositivo potrebbe costituire una funzionale implementazione dei tradizionali impianti di refrigerazione e di riscaldamento (la cosiddetta aria condizionata).



Un’invenzione realizzabile in tanti modi

Considerando le proprietà concettuali del dispositivo pulitore di cui all’invenzione si può capire che esso può essere progettato in moltissimi modi, i quali dipendono da tantissimi fattori.
Innanzi tutto va considerato che esso è basato su un TRANSITO attraverso una massa ad alta permeabilità.
Ciò significa che è necessario stabilire COME e da COSA è realizzata tale massa: nel senso che da tali proprietà deriva la scelta del tipo di ventilatore.
Un ventilatore che, nonostante teoricamente più aria sospinge contro la massa ad elevata permeabilità più aria esso fa pulire, in realtà deve spingere tale aria con una velocità "adeguata".
Tale velocità incontra infatti una resistenza all’avanzamento nella massa che aumenta esponenzialmente, cosicché diventa necessario conciliare tale velocità di transito con la potenza elettrica che alimenta il ventilatore.
Si ha pertanto che, tali ventilatori, devono essere del tipo a Bassa Pressione; del tipo cioè che, vantaggiosamente, consente la massima portata d’aria a parità di potenza elettrica richiesta.
Va poi considerato l’aspetto "rumorosità" intrinseca dei vari tipi di ventilatori, per scegliere il tipo più silenzioso possibile compatibilmente con la portata d’aria in movimento
Va comunque considerato che tali ventilatori operano all’interno di una struttura insonorizzata.
In sostanza, la realizzazione pratica dell’invenzione richiede una molteplicità di scelte da farsi in relazione alla complessità dell’impianto e ad evidenze sperimentali. Tra tali scelte vi è quella del tipo di ventilatore, la quale potrebbe riguardare sia i ventilatori assiali (elica), sia i ventilatori centrifughi. Va infatti considerato che, ognuno di questi tipi, può esprimersi con portata, potenza assorbita, rumorosità, costi, estremamente differenti.
Ciò premesso, possiamo dunque procedere alla illustrazione essenziale dei dispositivi attuativi dell’invenzione; una illustrazione avente finalità puramente esemplificative e concettuali.
Una proprietà fondamentale dei dispositivi attuativi dell’invenzione è costituita da una struttura ermetica dotata di adeguata robustezza meccanica.
Poiché tali dispositivi sono soggetti ad operare contemporaneamente, è consequenziale anche il fatto che la loro struttura sia idonea ad un collegamento tra essi; ciò allo scopo di poterli attivare da centrali di controllo lontane (come, per esempio, sono collegati i lampioni preposti alla illuminazione).
Poiché da quanto già sinteticamente anticipato l’invenzione è basata sull’uso di ventilatori elettrici e sull’impiego di acqua, i citati collegamenti sono da intendersi come cablaggi elettrici, tubazioni per il transito dell’aria, tubazioni per acqua pulita e tubazioni per acqua sporca.
Ciò è quanto più chiaramente espresso dai seguenti aspetti funzionali.
Con riferimento alla Fig. 1, si può comprendere il funzionamento dei citati dispositivi attuativi dell’invenzione.
Come meglio risulterà dalle particolarità esposte in seguito, tali dispositivi devono utilizzare flussi di aria che abbiano basse velocità e basse pressioni; inoltre, l’azione pulitrice svolta da tali dispositivi è basata sull’attraversamento di una massa permeabile da parte dell’aria.
Queste due esigenze operative fanno chiaramente comprendere che esse possono essere rispettate soprattutto con "piccole dimensioni", ovvero con la realizzazione di "dispositivi attuatori che siano piccoli" per operare in condizioni di massimo rendimento.
In altri termini, il principio operativo del metodo di pulizia dell’aria di cui all’invenzione è intrinsecamente collegato alla possibilità di poter utilizzare dispositivi che siano modulari per adeguarsi alle diversità del territorio.
In tal senso, tali dispositivi attuatori del Metodo di cui all’invenzione, possono, appropriatamente essere definiti anche "moduli".
Ogni modulo ha una sua struttura esterna che può avere innumerevoli forme e grandezze.
Tale struttura esterna può essere ubicata nei luoghi delle città più disparati e, pertanto, deve poter essere integrabile ad essi.
Nei giardini pubblici essa può avere le dimensioni di una panchina su cui sedersi; pertanto, potrebbe avere una forma parallelepipeda isolata.
Nel caso che i moduli dovessero servire lunghi viali rettilinei, essi potrebbero avere una forma parallelepipeda tale da consentire una loro congiunzione longitudinale, realizzativa di una fila paragonabile ad un lungo e basso muro da adibire ad usi molteplici.
Nell’ipotesi che i citati moduli dovessero essere installati lungo autostrade, essi potrebbero avere dimensioni paragonabili ad una doppia fila di "guard-rail".
Dipendentemente dalla resistenza all’eventuale urto di veicoli, tali moduli potrebbero avere dimensioni anche maggiori: per esempio, un’altezza sufficiente a proteggere gli automobilisti dai fari abbaglianti dei veicoli provenienti dalle corsie parallele con senso di marcia contrario. In tal modo, essi potrebbero svolgere anche la funzione di barriere autostradali di sicurezza anti-sfondamento.
La collocazione di tali moduli al centro o ai lati delle strade offrirebbe molti vantaggi. Un primo vantaggio sarebbe quello di adottare ventilatori potenti e rumorosi per muovere grandi portate d’aria, giacché la loro rumorosità sarebbe inserita in un ambiente già rumoroso di per sé, nel quale non stazionano le persone.
Un secondo vantaggio sarebbe quello di disporre di grandi superfici di appoggio al suolo dei moduli che, appartenendo alla strada, sono di basso costo e facilmente integrabili con tubazioni sotterranee. Tubazioni specifiche per il passaggio dell’acqua pulita e per il passaggio delle acque sporche attinenti il funzionamento dei citati moduli, nonché tubazioni per il passaggio dei conduttori elettrici con cui alimentare i ventilatori.
Un terzo vantaggio sarebbe quello di installare gli impianti di pulitura dell’aria di cui all’invenzione direttamente nei luoghi in cui essa viene sporcata dai gas di scarico dei veicoli: appunto lungo le strade.
Riferendoci ad un impiego dell’invenzione qui esposta al centro di città densamente popolate, i citati dispositivi modulari operativi potrebbero essere raggruppati in dimensioni enormi ed essere collocati all’interno di molteplici grandi strutture edili. Strutture edili tipo capannoni industriali, tipo palazzi, tipo torri architettonicamente di qualsiasi forma. Tali torri potrebbero essere costruite appositamente distribuite nel centro delle città con criteri estetici e funzionali: soprattutto per quanto riguarda la possibilità di realizzare insonorizzazioni perfette.
Da tale eterogeneità applicativa dell’invenzione qui presentata, si può dunque comprendere che la stessa struttura esterna di ogni dispositivo modulare (o unità funzionale combinabile con altre unità simili) è molto diversificabile.
Per capire dunque il funzionamento di ogni singolo dispositivo modulare è utile considerare tale struttura esterna dotata di una generica forma parallelepipeda.
Considerando l’ipotesi dell’impiego dei citati "dispositivi modulari pulitori" all’interno di grandi strutture edilizie apposite, va osservato quanto segue.
Benché esistono polveri leggere che sono sospese nell’aria, tipicamente la polvere si deposita sulle superfici, evidenziando con ciò che tale polvere è soggetta a cadere per gravità, ovvero che ha una sua pesantezza.
Per eliminare tale tipo di polveri è opportuno che nelle citate torri contenitrici di una pluralità di dispositivi modulari, l’aria sia presa dal basso e soffiata in alto. Anche perché è al livello del suolo che si trova la maggior parte delle persone, per cui è logico togliere ad esse l’aria inquinata come fatto primario.
La ricaduta al suolo di ALTRA ARIA, significa pertanto far affluire nelle zone poste in basso un’aria che è comunque più PULITA di quella con massima sporcizia che viene aspirata dal basso.



Descrizione tecnica:    la Figura 1

Con riferimento alla allegata Fig. 1, ogni dispositivo modulare M ha una robusta struttura esterna 1 per resistere alle sollecitazioni meccaniche, a cui è assoggettata dal proprio funzionamento e dal suo collegamento ad altre analoghe strutture esterne modulari.
Per cogliere più facilmente gli aspetti concettuali dell’invenzione, il suo citato dispositivo attuativo è illustrato con una forma parallelepipeda.
Tale forma comprende tre parti: una parte "a monte" 2, una parte centrale 3, ed una parte "a valle" 4.
Nella parte a monte 2 è contenuto un ventilatore 5, azionato da un motore elettrico 10, preposto ad aspirare dall’ambiente esterno aria sporca 6 mediante apposita canalizzazione 7.
Tale aria sporca 6 è schematicamente espressa da una grossa freccia contenente grossi punti neri, simbolicamente raffiguranti particelle 8 di sporcizia sospese in essa.
La citata aria sporca 6 viene totalmente soffiata all’interno della parte centrale 3 mediante una canalizzazione di mandata 9, fissata ermeticamente ad una parete 11 di tale parte centrale 3.
All’interno della parte a monte 2, in cui vi è la pressione ambientale, sono contenute le apparecchiature elettriche (non disegnate) inerenti il funzionamento del motore elettrico 10.
Il ventilatore 5 illustrato, avente le sue tubazioni di aspirazione e di mandata perpendicolari, è considerabile di tipo centrifugo; ciò non esclude che, in particolari situazioni, possano essere usati ventilatori assiali o ad elica (del tipo illustrato in Fig. 3).
L’aria soffiata all’interno della parte centrale 3 è simboleggiata da frecce bianche 12, per indicare le sue direzioni di flusso all’interno del dispositivo M.
Osservando con attenzione tali frecce 12 irregolari, bianche, si può notare che al loro interno sono presenti dei punti neri (le particelle di sporco 8). In particolare, si può rilevare che più tali frecce sono nella destra del disegno più punti neri esse contengono.
Le frecce 12 disegnate nella zona sinistra del disegno (parte a valle 4) sono addirittura senza alcun punto nero.
In questo modo si è voluto illustrare il concetto che l’aria sporca 6 entra da destra e, proseguendo verso sinistra all’interno del modulo, essa diventa più pulita: fino ad uscire dal dispositivo M attraverso una canalizzazione 19 in uno stato pulito, simbolizzato da una grande freccia 18 priva di punti neri al suo interno.
La parte centrale 3 è delimitata anteriormente dalla citata parete 11 e posteriormente da un’altra parete 20; tra tali due pareti può essere contenuta una massa bagnabile 13 di intermediazione, simbolicamente schematizzata da tante brevi linee irregolari e verticali.
Come già detto, tale massa 13, frammentata secondo qualsiasi pezzatura, può essere costituita da qualsiasi materiale preferibilmente non poroso, sul quale possa scivolare liberamente l’acqua (o altro liquido equivalente). Tale materiale, può dunque essere espresso da corpi di qualsiasi forma e grandezza che evitino il più possibile il ristagno di acqua su di essi.
Tale massa bagnabile 13 di intermediazione è infatti preposta a svolgere le due seguenti funzioni. La prima funzione è quella di subire una bagnatura: ovvero lasciarsi bagnare trattenendo temporaneamente sulla sua superficie un leggero velo di acqua in scorrimento su di essa.
La seconda funzione di tale massa 13 di intermediazione è quella di lasciarsi attraversare, con minima resistenza aerodinamica, dal citato flusso di aria soffiata dal ventilatore 5 all’interno della parte centrale 3, in cui tale massa bagnabile 13 di intermediazione è contenuta.
Ciò, allo scopo di poter utilizzare ventilatori del tipo a bassa pressione e grande portata, che richiedano minimo consumo di energia elettrica.
In altre parole, nella massa bagnabile 13 di intermediazione, la velocità di ingresso dell’aria dovrebbe preferibilmente essere poco superiore alla velocità di uscita dell’aria da tale massa 13.
Nel senso, ovviamente, di incontrare resistenze aerodinamiche all’avanzamento che siano le più piccole possibile, compatibilmente con la possibilità di far transitare una portata d’aria che sia la maggiore possibile.
Nella parte centrale 3, oltre all’aria sporca 6 introdotta mediante la canalizzazione di mandata 9, si ha l’ingresso di acqua pulita 14 mediante una tubazione 15, assistita da usuali mezzi di diffusione 21, a doccia o simili (gocciolatoi, spruzzatori, nebulizzatori).
Tale acqua pulita 14 è schematizzata mediante cerchietti irregolari di forma ellissoidale.
In questo modo, è schematizzabile un inglobamento in tale acqua pulita 14 delle particelle di sporco, disegnate con i citati grossi punti neri 8.
Nella zona più a valle (cioè più a sinistra nel disegno) vediamo infatti che i cerchietti 14 espressivi dell’acqua pulita portano al loro centro un grosso punto nero (appunto, le particelle di sporco 8), diventando così cerchietti 16 di altro tipo, simbolizzanti acqua sporca. L’acqua sporca illustrata dai cerchietti 16 con un punto nero al loro interno, risultante da un inglobamento delle particelle di sporco 8 presenti nell’aria 6 introdotta nella parte centrale 3, dopo essersi depositata sul fondo di tale parte centrale, viene raccolta da un tubo di scarico 17 preposto al convogliamento di essa all’esterno del dispositivo M.
L’aria espressa dalle frecce bianche 12 che fuoriesce dalla parte centrale 3 attraversando la parete posteriore forata 20, viene raccolta da una camera praticamente chiusa e costitutiva della citata parte "a valle" 4.
Tale aria è stata privata delle sue particelle di sporco 8, cosicché, come già detto, le frecce bianche 12 che la simboleggiano, a differenza della freccia 6 di ingresso nel ventilatore ed illustrativa dell’aria sporca, non contengono i punti neri 8 illustrativi di tale sporcizia (particelle inquinanti presenti usualmente nell’aria ambientale).
Tale aria pulita, raccolta dalla "parte a valle" 4 del dispositivo M, è pertanto illustrata dalla grande freccia 18 fuoriuscente dalla apposita canalizzazione 19.
Tale aria, oltreché essere pulita, deve tuttavia essere anche relativamente secca: nel senso che deve essere privata della umidità residua conseguente al suo transito sulle superfici bagnate della massa 13 di intermediazione.
Per ottenere una completa "asciugatura" dell’aria transitante nella parte centrale 3, la bagnatura dell’aria avviene ubicando il diffusore a doccia 21 subito dopo la parete 11. In questo modo di ottengono due vantaggi.
Il primo vantaggio consiste nel fatto che la distribuzione dell’acqua liquida, in caduta sulla massa bagnabile 13, è completata dalla frantumazione delle gocce creata dai flussi dell’aria soffiata dal ventilatore 5. Il secondo vantaggio è quello di poter utilizzare una quantità di massa 13 che non sia bagnabile dalla citata acqua che viene fatta cadere dal diffusore a doccia 21 (fino al fondo di raccolta presente nella parte centrale 3), bensì che sia bagnabile dal flusso di aria inumidita dalla vaporizzazione dell’acqua liquida bagnante l’altra quantità di massa 13 disposta vicina al diffusore a doccia 21. In altre parole, la parte centrale 3 è completamente riempita di massa bagnabile di intermediazione 13, ma di tale massa viene bagnata direttamente solo quella presente in zone vicine alla parete 11.



Descrizione tecnica:       la Figura 2

La restante quantità di massa 13 posta più a valle viene, invece, bagnata dai "vapori d’acqua" creati dalle turbolenze dell’aria transitante sulla massa 13 posta più a monte e bagnata dall’acqua liquida caduta dal diffusore a doccia 21.
Ciò significa che si può sviluppare la zona della parte centrale 3 fino a far sottrarre alla massa bagnabile (ma secca) posta più a valle tutta la residua umidità dell’aria pulita nella zona più a monte e vicina alla parete 11.
Con riferimento alla Fig. 2 si può rilevare una associazione di tre dispositivi modulari M volta a consentire un loro opportuno allineamento, per seguire il tipico tracciato rettilineo di strade e viali urbani.
Peraltro, tale allineamento è ritenuto opportuno anche per la posa in opera dei citati dispositivi modulari M quando essi sono finalizzati alla pulitura di quantità di aria immense, quali sono quelle sovrastanti le grandi città.
Tale tipo di posa in opera dei dispositivi pulitori di cui all’invenzione richiede infatti specifiche linee 34 di alimentazione elettrica dei ventilatori, nonché tubazioni per la fornitura di acqua pulita e tubazioni per la aspirazione dell’acqua sporca che tipicamente seguono lunghi tracciati rettilinei.
In tale Fig. 2, un tratto del citato allineamento è realizzato da tre soli dispositivi modulari M, sufficienti per capire le modalità di installazione che devono essere adottate per creare file composte da decine o centinaia o migliaia di tali dispositivi; dispositivi che sono tutti collegati tra essi mediante tubazioni delle acque pulite e tubazioni per le acque sporche, nonché mediante un elettrodotto espresso dalle linee elettriche 34 per l’alimentazione dei ventilatori.
Tale Fig. 2 costituisce una vista in pianta, esposta sezionata con criteri schematici semplificativi.
In tale Fig. 2 tre dispositivi MA, MB, MC sono disposti l’uno di seguito all’altro, ed hanno i loro due piani di congiunzione indicati nel disegno con due specifiche linee con uno spessore doppio rispetto alle altre linee del disegno.
In ognuno di essi si possono distinguere le loro tre citate parti: parte a monte 2, parte centrale 3, parte a valle 4. Sono inoltre indicati il loro ventilatore 5 con il proprio motore 10, le loro canalizzazioni 7 di entrata dell’aria sporca 6, le loro canalizzazioni 19 di uscita dell’aria pulita 18, le loro masse bagnabili 13 di intermediazione, i loro tubi di scarico 17 dell’acqua sporca.
L’ingresso dell’acqua pulita è consentito, oppure impedito, mediante un usuale rubinetto 22, preposto a stabilire anche la quantità di acqua che deve essere fatta cadere dai diffusori a doccia 21 sulla sottostante massa bagnabile 13.
L’uscita dell’acqua sporca è intercettata da un usuale rubinetto 23, il quale va chiuso solo quando è stato precedentemente chiuso il rubinetto 22 di ingresso dell’acqua, altrimenti tutta l’acqua che entra nel dispositivo lo riempirebbe, allagando conseguentemente la parte a monte 2 e danneggiando le sue parti elettriche. Una tubazione comune 24 è preposta ad aspirare tutte le acque sporche generate dai singoli dispositivi modulari MA, MB, MC.
La tubazione 24 deve essere sempre piena di acqua sporca per consentire ad una pompa centrifuga 25 di prelevare tutte le acque sporche presenti all’interno dei singoli dispositivi modulari M, per raccoglierle in una apposita vasca di trattamento 26. Tale vasca 26 è dotata di usuali mezzi (non indicati) per la asportazione delle sostanze sospese o disciolte nell’acqua (filtrazione, decantazione, flocculazione, ecc.).
A seguito di tale generico trattamento di rimozione delle sostanze presenti nell’acqua sporca, si potrà avere acqua pulita da far raccogliere in apposita vasca 27 mediante una normale pompa idraulica 28.
Dalla vasca 27 contenente acqua pulita, una ulteriore pompa idraulica 29 provvede ad inviare tale acqua pulita ad una tubazione comune 30, preposta alla distribuzione di tale acqua alle tubazioni 15 specifiche di ogni dispositivo modulare MA, MB, MC.
L’impianto illustrato dalla Fig. 2 è un impianto chiuso, ovvero a ricircolo dell’acqua impiegata per la pulitura dell’aria, la cui utilizzazione dipende dalla disponibilità di acqua presente nel territorio.
Nel senso che, se nel territorio in cui si trova l’aria da ripulire l’acqua disponibile fosse abbondante ed a basso costo, l’impianto potrebbe essere vantaggiosamente anche di tipo aperto.
Ciò significa che, si utilizza l’acqua dei normali acquedotti per alimentare la tubazione 30; poi, si riversa tale acqua, sporcata dall’aria trattata, direttamente nelle fogne urbane di smaltimento delle acque piovane.
In merito a tale opzione va considerato che, il particolato presente nell’aria, è pericoloso soprattutto per l’apparato respiratorio umano, ed è generalmente innocuo per il territorio, inteso come luogo di reti fognarie o di fossi irrigui per l’agricoltura.



Descrizione tecnica:          la Figura 3

Da quanto finora detto è emerso che, all’interno della struttura 1 di ogni dispositivo M, viene immessa acqua facendola cadere in modi opportuni sulla massa bagnabile 13.
Si poi detto che tale acqua scende per gravità fino al piano di fondo del dispositivo M, per essere poi raccolta dalla tubazione 24, preposta a convogliare le acque sporche cosi raccolte nella vasca 26.
Poiché tale tubazione 24 opera in aspirazione per l’azione esercitata dalla pompa 25, è opportuno che tale tubazione sia sempre piena, ovvero che aspiri soltanto acqua e non aria.
Per ottenere tale risultato l’invenzione adotta l’accorgimento illustrato dalla Fig. 3, in cui è illustrato un dispositivo modulare M visto da valle.
Da tale figura si vede che sul fondo del modulo è presente un canale 31 in cui si accumula l’acqua immessa nel dispositivo modulare fino a creare un congruo livello di essa.
A seguito di ciò, la tubazione 24 può essere collegata al canale 31 da un tubetto 32, equipaggiato con un proprio rubinetto 23 (non disegnato) in posizione "aperto".
Tale vista da valle del dispositivo modulare M è utile per meglio comprendere le parti dell’impianto finora illustrate.
In particolare si può notare che, in tale Fig. 3, è adottato un ventilatore assiale o a elica 33 anziché un ventilatore centrifugo 5, schematizzato nelle altre figure.



La pulitura dell’aria delle abitazioni

Finora si è considerato il dispositivo realizzatore del Metodo di cui all’invenzione in una sua versione modulare e comunque riferita alla sua peculiarità di poter pulire immense quantità di aria.
Ciò non esclude, tuttavia, il fatto che l’invenzione qui presentata possa trovare utile applicazione anche nell’ambito domestico.
L’aria interna degli appartamenti infatti, generalmente non viene mai filtrata. Peraltro, anche se proveniente da impianti di condizionamento centralizzati per riscaldarla d’inverno e raffreddarla d’estate, la sua filtrazione è comunque grossolana, insignificante, e comunque non idonea all’abbattimento di odori sgradevoli, che potrebbero essere specifici di certe aree urbane assoggettate alle emissioni di zone industriali e agricole limitrofe. L’invenzione qui presentata invece, non solo è in grado di filtrare particelle di qualsiasi dimensione, ma è in grado anche di inertizzare le puzze di certe sostanze chimiche volatili mediante combinazione chimica con appositi comuni liquidi innocui (l’acqua è solo uno dei tanti possibili).
In questa versione domestica del dispositivo, ciò che mancano sono la tubazione 30 di ingresso dell’acqua pulita e la tubazione 24 di scarico dell’acqua sporca.
Tali tubazioni sono infatti perfettamente sostituibili da due apposite vaschette: una vaschetta di acqua pulita posta in alto (nella zona dove sono stati indicati i diffusori a doccia 21), ed una vaschetta per la raccolta dell’acqua sporca (nella zona in cui è stata indicata la presenza del canale 31 in Fig. 3). La quantità di acqua necessaria al funzionamento del dispositivo è infatti minima, cosicché il riempimento-svuotamento delle citate vaschette (non disegnate), potrebbe avvenire anche con frequenza di vari giorni. In detta versione domestica del dispositivo pulitore, anche le canalizzazioni di entrata 7 e di uscita 19 dell’aria non sono necessarie, giacché i loro versi di entrata e di uscita sono opposti, e creano pertanto spontaneamente la opportuna circolazione dell’aria. Sarebbe necessaria solo una normale presa elettrica per un piccolo ventilatore avente potenza di circa 50 W.




FIGURA 1




FIGURA 2



FIGURA 3


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